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TRIANGLE regia di Christopher Smith

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oh dae-soo     8 / 10  16/04/2013 14:26:31Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
spoiler da cima a fondo
Notevolissimo.
Uno come me legato in maniera impressionante a quel gioiellino fatto col nulla -sempre che un'idea in questo mondo possa essere considerata nulla- di Timecrimes guardava a questo Triangle con aria minacciosa, credendo che qualcuno si fosse appropriato della genuinità e semplicità del piccolo film spagnolo per apporvi sopra lustrini e luci stroboscopiche. Invece non solo Triangle è esso stesso un film che basa tutta la sua forza e bellezza nell'idea e nel fascino del suo dipanarsi (certo con mezzi superiori a Vigalondo) ma ha una sua propria e personalissima originalità. In effetti l'unica cosa che lo può accomunare a Timecrimes (a parte l'"uomo" con le bende) è solo il concetto dei viaggi nel tempo. Per il resto, e non l'avrei mai detto, il film di Christopher Smith -giovane regista britannico molto interessante con alle spalle l'incompleto ma suggestivo Creep, il piccolo cult Severance e il buon Black Death- riesce a trattare tale tematica in una maniera ancor più affascinante e soprattutto, visto il finale del film, dando una profondità all'opera del tutto assente nel film spagnolo.
E, se vogliamo essere pignoli e presuntuosi nel credere di aver capito veramente il film, nemmeno dovremmo parlare di viaggi nel tempo per Triangle ma di qualcosa di molto più trascendentale, importante, terribile.
L'inizio, rivalutato poi alla luce del finale, è folgorante. Jess arriva alla barca confusa, spaesata, come se le fosse appena accaduto qualcosa ma, al contempo, riconoscesse quello che le sta per accadere. Lo spettatore è anch'esso confuso ma molto affascinato. Arriva quella tempesta, forse un espediente un pochino furbo del regista per lasciare il dubbio su più interpretazioni di quello che vedremo.
L'analisi di un film come Triangle non può prescindere da due elementi, il senso di colpa e la morte. Tutto il resto, la magnifica intelaiatura, il concetto di tempo ciclico ma disordinato al suo interno, tutte le vicende devono essere lette alla luce degli ultimi splendidi 5 minuti, probabilmente un pochino difficili, ma decisivi. Smith la chiave di lettura ce la dà dentro la nave. Lo stesso nome della nave, Eolo, e la leggenda narrata all'interno, quella di Sisifo, suo figlio, sono il centro nevralgico di tutto.
Questo film non è un gioco fine a sè stesso. Magari per buona parte della sua durata si diverte (e fa divertire) a mischiare le carte, a confondere, ad arrotolarsi continuamente su di sè, a farti innervosire perchè più di una volta ti porta a cambiare interpretazione. Impossibile non capire però, anche durante tutti questi tentativi di sviare, che il fulcro di tutto sia il bambino "lasciato a scuola". Malgradotutto il finale arriva comunque inaspettato.
Prima è molto interessante capire come funzioni questo concetto di tempo nel film, capire se c'è davvero un modo di uscire dal loop (come in Timecrimes) o no. Ma qui non ci sono i tre Hector e le loro sole interazioni, qui, e lo si capisce indizio dopo indizio (le carte, poi le collanine, poi la superba scena dei corpi dell'amica) c'è qualcosa di più grande, di eterno, di interminabile e, forse,immodificabile.
Sisifo, già. appunto. E quella pietra da portar su continuamente, per sempre.
Ma Sisifo cercò di ingannare la morte per sè, per salvarsi. Studiò uno stratagemma per tornare nel mondo dei vivi e fregare gli Dei.
Jess non vuole ingannare la sua di morte.
Jess è stata una madre terribile, o soltanto una madre che non ha retto al terribile problema del figlio.
Jess ha un senso di colpa incredibile.
Jess vorrebbe solo salvare suo figlio, non causarne la morte. Vorrebbe solo essere una buona madre. E allora torna continuamente in quella nave, nel mondo dei vivi, e poi in quella spiaggia. E poi in quella casa,casa sua, per distruggere quello che era, ricominciare da capo con ciò che più ama al mondo, il suo bambino.
Ma la morte non si inganna, anche se nella nave gli sembrava che in qualche modo il destino, l'ordine delle cose, potesse essere modificato, in realtà nulla può mutare.
Quei corpi morti degli albatros sono una scena capolavoro.
E quel bimbo che indica qualcosa non indica quella macchia di sangue ma qualcos'altro. Qualcos'altro che sta arrivando e ha vissuto troppe volte. Una scena devastante.
"Tornerò" dice Jess al tassista. E torna alla nave. Per riprovarci.
Qualsiasi madre,se potesse, forse st'inferno lo vivrebbe.
Per sperarci.
ferzbox  09/09/2013 18:11:40Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Lodevole la tua analisi,ma non mi ha colpito allo stesso modo...nonostante abbia fatto tutte le considerazioni che hai fatto tu....perchè secondo me il film poteva esser girato decisaemente meglio....non sentivo il tocco di classe,ma solo le buone intenzioni....infatti mi è dispiaciuto vedere i difetti che aveva,proprio per il grosso significato legato alla mitologia che hai descritto....e anche per la metafora "Sisifo-Jess"....intrigante,curiosa,riflessiva e spiazzante....ma elaborata con molte sbavature che se fossero state eliminate sarebbe risultato un autentico capolavoro....
oh dae-soo  02/10/2013 20:32:16Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ci sta...
A me il film ha affascinato da morire e forse è un bene che non abbia calcato troppo sulla simbologia e mitologia, non so, forse l'avrebbe appesantito.
Così resta un thriller per tutti ma con qualcosina in più.

Ferz, come avrai visto, è da almeno un mese che fatico ad entrar qui e scrivere.

Mi sono ricordato questo tuo commento ma ce n'era un altro ben più importante che aveva portato ad una discussione ma non ricordo dove.
Si è cancellato dalla cartella apposita "nuove risposte"

semmai rinfrescami la memori
oh dae-soo  16/04/2013 14:58:43Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
ancora spoiler

Io ho un'idea pazza che non ho avuto il coraggio di mettere in rece.
Mi è venuto il dubbio che il figlio non fosse mai stato autistico, non avesse mai avuto problemi.
Solo che sia morto per causa della madre.
Il suo problema, il suo non parlare, è dovuto dal fatto di rivivere continuamente la propria morte.
E' la condanna in cui è caduta la madre (coinvolgendo anche lui) ad averlo fatto diventare in quella maniera.
A tal proposito la consapevolezza del bimbo di stare per essere investiti, quel pianto per una cosa che sa,entrerebbe benissimo in questo quadro.