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BASILICATA COAST TO COAST regia di Rocco Papaleo

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amterme63     6½ / 10  04/05/2010 23:12:48Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Se si vuole passare un paio d'ore spensierate, divertenti e tranquille, magari intenerendosi un po', allora andate tranquillamente a vedere questo film; non deluderà.
La storia in sé non ha niente di particolare, non c'è suspence o tensione e il motore della storia (il festival canoro di Scanzano Ionico) rimane sullo sfondo e crea tutto sommato poca aspettativa. Il ritmo di conseguenza è lento, tanto che nella seconda parte del film la vicenda langue un po'.
L'attenzione si sposta quindi tutta sull'approfondimento dei caratteri dei personaggi e sull'ambiente che incontrano. Il punto di vista è ironico, leggero, spensierato ma non mancano spunti per riflessioni più generali su ciò che conta veramente nella vita; tutto comunque in dimensioni modeste, senza tante pretese e questo in qualche maniera depone a favore del film, che non prendendosi troppo sul serio ispira simpatia, semplicità e calore umano.
Il perno stilistico del film è la figura retorica del viaggio (un universale usatissimo in arte), quale metafora della conoscenza di se stessi, della propria vita, degli altri e del mondo. E' anche l'occasione per mostrare quanto è bella la natura appena fuori la porta di casa, proprio in luoghi non turistici o non conosciuti dalla massa (come l'umile e splendida campagna Lucana).
Dal punto di vista della recitazione a me hanno fatto più impressione gli attori non famosi, mentre sono rimasto deluso sia dalla Mezzogiorno che da Gassman (che stonano un po' con i loro grovigli interiori con lo spirito gioviale, semplice, modesto e poetico del film).
Il nucleo ideologico della storia è la riaffermazione del valore del mondo agreste pre-industriale (i ritmi lentissimi, le cose semplici, i pasti frugali, il fuoco sotto le stelle, i rapporti interpersonali al centro di tutto) mentre il moderno è visto con un rapporto di amore-odio, rifiuto-necessità (il fare a meno del telefonino con la constatazione che sarebbe stato essenziale per la riuscita dell'impresa; il pannello solare, il computer e la cinepresa a indicare come la tecnologia fatta uscire dalla porta venga fatta rientrare dalla finestra).
Si tratta insomma di un altro film che ci fa capire come ormai sia diffusa l'aspirazione a chiudersi verso il mondo e la realtà, a guardare verso il passato o almeno al suo simulacro, ai rimasugli rimasti, con il desiderio/illusione un po' precario di avere a che fare solo con persone "positive", delicate, simpatiche, semplici, divertenti e "buone", aperte ai piaceri della vita.
Si tratta di un modo di vedere/rappresentare idealmente il mondo che ha avuto la sua consacrazione con il Ciclone di Pieraccioni e che si è ormai stabilizzato come forma mentale più diffusa fra gli Italiani di oggi che in genere hanno a che fare con la cultura. Nel film infatti abbiamo a che fare con un insegnante, un laureando, una giornalista, un musicista, un bulletto con mire artistiche; insomma tutte persone con una certa cultura. Negli anni '70 erano il ceto che mirava a rifondare la società, che non fuggiva il reale ma lo compenetrava in qualche maniera per "dominarlo". Guarda invece come si è ridotto oggi il ceto di cultura in Italia, che cerca in pratica di rifugiarsi in se stesso, nelle piccole cose, lasciando fuori il mondo e la realtà (sia quella vera che quella fittizia della televisione). E' qualcosa che coinvolge moltissime persone (mi ci metto anch'io in questa categoria) ed è così, forse non ci si può fare niente.
Allora non resta che consolarsi con l'arte spicciola e semplice, con la solidarietà e il fuoco dell'amicizia ristretta e scelta. Forse non rimane altro.