caratteri piccoli caratteri medi caratteri grandi Chiudi finestra

REPULSION regia di Roman Polanski

Nascondi tutte le risposte
Visualizza tutte le risposte
hghgg     8 / 10  09/09/2014 20:52:34Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Roman Polanski è sempre stato uno dei grandi maestri del cinema europeo, fin dai suoi brillanti esordi, da intendere come i suoi primi tre lungometraggi, diretti tra il 1963 e il 1966. "Repulsion" è il suo secondo film e rappresenta il prodotto più riuscito del primo Polanski, oltre a donarci una meravigliosa, giovanissima Catherine Deneuve qui al suo primo ruolo di grande rilievo.

In "Repulsion" Polanski esplora mirabilmente quell'abisso nero che è la mente umana, nel caso specifico con una particolare attenzione verso una mente femminile disturbata, insicura e fragile come quella della protagonista Carol, molto ben interpretata da una Catherine Deneuve costantemente fuori-fase, allucinata, alienata sempre di più dal mondo che la circonda, terrorizzata dalla solitudine (elemento che scatenerà definitivamente una follia a stento controllata) e ancora di più dall'universo maschile, un mondo con cui la giovane non riesce a rapportarsi.

Insicurezza, fragilità, alienazione, paura, follia, morte. Sono elementi chiave in questo gioiello nero di Polanski che dirige il tutto con la sua regia tipicamente attenta a metafore e dettagli, ai silenzi e ad un' inquietante e riflessiva lentezza pronta a sfociare nelle sue riconoscibilissime e spietate accelerazioni finali che nel caso di "Repulsion" sono un concentrato di ormai inarrestabili manifestazioni di orrore e paranoia che siano reali (gli omicidi commessi da Carol, il suo perdersi nella completa alienazione senza nemmeno più nutrirsi) o scaturiti dalla mente ormai perduta nell'abisso della ragazza (le mani, mani maschili che escono dalle mura per ghermirla, sempre di più man mano che il finale si avvicina; e le crepe, quelle crepe che distruggono i muri della casa e spezzano la mente della ragazza, reali o metaforiche crepe della sua sanità mentale che perseguitano lei e lo spettatore fin dalle prime battute della narrazione).

Il ritmo regolato dalla regia e dalle inquadrature mai banali e spesso eccezionali di Polanski è lento, come l'orrore più sibillino che striscia nascosto pronto ad esplodere, l'orrore della follia. Ma man mano che il film va avanti l'attenzione è sempre più preda dello schermo e le sequenze forti e memorabili, comunque disseminate per tutto il film, si fanno sempre più numerose, rette benissimo dal giovane talento della Deneuve davvero in stato di grazia (credo resti una delle sue migliori interpretazioni e dire che di buone cose ne ha fatte molte).

La strepitose sequenze, due in tutto il film, perché l'orrore puro qui è dosatissimo, delle braccia che spuntano dalle mura (vent'anni dopo qualcuno avrebbe potuto far notare che quelle braccia uscivano dalle fottùte pareti) sono indimenticabili e assolutamente angoscianti, tra i momenti che preferisco dell'intero cinema Polanskiano, riprese anche da Sclavi nel capolavoro dylandoghiano "Storia di Nessuno". Ma le scene e le inquadrature che il perverso occhio del polacco ci regalano in questo film sono numerose. Già solo l'inquadratura strettissima sull'occhio destro della Deneuve che apre il film varrebbe il prezzo del biglietto, così come la sequenza finale con la camera che stringe sempre di più su una certa fotografia... E poi ovviamente Carol che se ne va in giro con la testa del coniglio nella borsetta, la sequenza del suo primo omicidio (il secondo è un po' più telefonato mentre nel primo il ritmo sonnolento ti trae ancora in inganno). La regia di Polanski immerge perfettamente nell'atmosfera del film e lo spettatore è presto partecipe della deriva psicologica e mentale della ragazza.

Film dai pochi mezzi ma dai grandi talenti, si avvale anche di una sceneggiatura solida, scritta intelligentemente, ben dosata nei suoi elementi e perfetta quando è il momento di accelerare; il tutto anche caratterizzando perfettamente il personaggio di Carol sul quale è stato costruito un One-Woman-Show attorno a cui gira un ristretto numero di comprimari; tra questi vorrei ricordare Yvonne Furneaux attrice francese autrice di una prova memorabile 5 anni prima ne "La Dolce Vita" nei panni dell'instabile Emma, fidanzata di Marcello; Polanski, con la cartolina che il personaggio della Furneaux spedisce alla sorella Carol, regala anche una probabile e volontaria citazione del capolavoro felliniano ("non fare troppa Dolce Vita" c'è scritto sulla cartolina).

Polanski lo sappiamo sa sfruttare magnificamente la pochezza di mezzi, come pochi altri, e anzi di solito quand'è così le cose gli riescono anche meglio. Ristrette ed essenziali sono anche ambientazioni e scenografie: gli esterni o altri ambienti (l'istituto di bellezza dove lavora Carol) non mancano ma gran parte delle sequenze e certamente tutte quelle più importanti si svolgono solo e soltanto nell'appartamento della protagonista, un solo ambiente principale che diventa un mondo infinito, sfruttato mirabilmente dalla regia di Polanski che si impone con quella che diverrà una sua specialità, i film "d'appartamento" ("Rosemary's Baby" "L'Inquilino del Terzo Piano" "Carnage" ma direi anche "La Morte e la fanciulla") dove tutto o molto si svolge in un unico luogo, in un unico appartamento che Polanski sa trasformare nel teatro degli orrori più terribili scaturiti dall'uomo, o da altro.

In conclusione "Repulsion" è il miglior film del primo Polanski e certamente uno dei suoi capitoli più riusciti, giusto un gradino al di sotto dei suoi capolavori assoluti; meriti in più quelli di aver consacrato un grandissimo regista e di aver lanciato un'attrice che sarà poi definitivamente consacrata dall'infinito maestro Bunuel.
Dompi  01/05/2015 14:17:48Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Visto oggi, magnifico!!