amterme63 8 / 10 19/12/2010 18:38:38 » Rispondi Il cinema degli anni '60! E' stata l'epoca in cui si poteva osare fare film semplici e di forte spessore ideale. Ancora il Dio Consumo non era arrivato al potere e non aveva ancora dato il suo marchio a ogni prodotto culturale. Molti cineasti pensavano a quali idee esprimere e non a quanto pubblico avrebbero soddisfatto. Ne uscivano film lenti, densi, realisti e surrealisti, banali e profondi allo stesso tempo. I primi film di Polanski sono una perfetta espressione di quest'epoca. Per capire meglio l'atteggiamento e lo spirito con cui si trattava allora il mondo umano, è possibile confrontare "Cul de Sac" con "Cane di Paglia" di Peckinpah e con "Le iene" di Tarantino.
Come nel film di Peckinpah i protagonisti sono una giovane donna spigliata, di liberi costumi e di carattere ribelle e suo marito, un intellettuale dilettante, velleitario, fifone, precisino. Anche loro vivono isolati e soffrono di noia e solitudine. Anche loro ad un certo punto subiscono un'aggressione esterna di tipo violento e si trovano a dover reagire. Solo che in Peckinpah l'accento è spostato sui modi istintivi e primitivi con cui si svolge il rapporto/scontro (modi messi in grande risalto), mentre Polanski preferisce smitizzare e normalizzare, mettendo più l'accento sull'aspetto psicologico ed esistenziale. Il concetto di virilità legato a dominio e violenza (la base di "Cane di paglia") si stempera in amarezza e solitudine. I rapporti fra vittima e carnefice si complicano, si mescolano, nasce complicità, confidenza e ammirazione reciproca. Insomma, tutto diviene più complesso e umano. Ed è così che l'espressione violenta da parte del più debole (istigato dalla donna) non è uno sfogo liberatore ma uno sprofondare nella crisi, nel rimorso, la distruzione del rapporto interumano. Il finale dei due film è identico. I protagonisti "deboli" si trovano incerti e spaesati, solo che Dustin Hoffman è solo dubbioso e spaurito dalla nuova identità che ha scoperto, mentre George di "Cul de Sac" è umanamente ed esistenzialmente disperato, esprime un dolore molto più forte e interiore. Peckinpah negli anni '70 realizza un cinema materiale, sensuale, carico, in linea con l'intensa voglia di consumare e godere di ciò che era "proibito", tipica di nuovi strati sociali "bassi" ora integrati e neo-usufruttori del sistema economico e intellettuale. Polanski si mantiene invece su di un piano individuale universale e parla all'uomo in sé, vuole scoprire ed analizzare senza spettacolarizzazioni. L'altro protagonista del film è un malfattore a cui è andato storto il colpo. Lui stesso ferito, porta con sé il compagno agonizzante. Come non pensare a "Le Iene"! In entrambi i casi lo scopo è quello di smitizzare e banalizzare i tipici eroi del cinema del passato. Tarantino rimane però nell'ambito della finzione, del prodotto in sé, solo per renderlo diverso, paradossale, pseudo-intellettualoide, così da soddisfare ed entusiasmare un pubblico a caccia di sempre nuove emozioni e nuovi divertimenti, cioè di nuovi consumi. Il banale e il normale viene quasi esaltato, consumato e non mostrato per quello che è, non si cerca di vedere "attraverso". E' il trionfo normalizzatore del Dio Consumo. Polanski invece smitizza e banalizza per umanizzare. Dick il rapinatore è rappresentato come un povero diavolo, una persona tutto sommato sola e disperata. L'irrompere del banale e del quotidiano in Polanski è visto per quello che realmente è: vuoto, ipocrisia, falsità, materialismo. Il mito si scioglie così nel vuoto e nel grigiore e non resta nulla alla fine, neanche la possibilità di evadere o fuggire (poi chissà dove).
Con la sua tipica ambientazione claustrofobica e chiusa, "Cul de Sac" esprime benissimo il disagio del vivere sociale attuale, l'impossibilità di evadere o di salvarsi. L'esistenza vuota e insignificante, l'ironia, la dissacrazione di tutti i drammi e le costruzioni ideali è simboleggiata dal sottile e pervasivo lato surreale dell'opera, da tutte quelle galline che scorazzano indisturbate. Ottimo film a scoppio ritardato. Lo si apprezza un giorno o due dopo averlo visto, dopo che uno ha riflettutto su tutti gli aspetti di questa splendida pellicola.