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ABOUT ELLY regia di Asghar Farhadi

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Delfina     7½ / 10  29/08/2010 17:29:19Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ero un po' diffidente prima di vedere il film, leggendo opinioni chi devono per forza tirare in ballo, non appena si tratta di registi persiani, la solita solfa della "critica al regime" iraniano, ecc. ecc. In realtà, si tratta semplicemente di un film a cavallo tra dramma e giallo, che mette in scena la banalità di un evento drammatico che ha come cornice un luogo di vacanza e di relax, il mare dove si reca la giovane borghesia urbana di Teheran, formata da coppie che lavorano e con bambini.

Una conoscente (una maestra del figlio) di una delle donne viene invitata per la prima volta dalle coppie di amici, che cercano con qualche battuta (e qualche pressione) di farle conoscere un trentenne rientrato dalla Germania, appena divorziato, quello che in passato si sarebbe detto un "buon partito".

Con un'atmosfera quasi da commedia, che procede tra schermaglie, battute più o meno allegre e qualche nervosismo dovuto all'attenzione che richiedono bambini piccoli davanti ad un mare agitato (proprio come potremmo vedere in una commedia "borghese" o "popolare" italiana), il film accumula una tensione sempre maggiore, riuscendo ad esprimere perfettamente l'angoscia che coglie tutti davanti a una tragedia incomprensibile e casuale, assurda.

Certo, qui la tensione fra i sessi funziona con altri codici, il corteggiamento non è erotico (ma a volte qualche battuta ammiccante scappa) ed è finalizzato al matrimonio o all'instaurazione di un fidanzamento che prelude ad esso. Un po' come se si trattasse di adulti-adolescenti cresciuti, che non possono però superare certi limiti...

La conclusione del film riporta tutti verso le loro vite, verso una quotidianità fattasi assurdamente e terribilmente pesante.
Crimson  06/08/2011 21:51:27Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
E' un film contro il regime, anche se l'attacco è camuffato: svelando il meccanismo di "bugia forzata" si scopre un complesso di convenzioni e di precetti che condizionano l'esistenza di queste donne. E' una sorta di "timore e tremore" che si applica alla vita quotidiana, ormai cristallizzato in una donna adulta persiana dopo essere stato trasmesso dall'infanzia.
Mostrando questo sistema assurdo che determina ciò che "è bene dire e essere", che grava considerevolmente sull'immagine sociale della donna per se stessa e per gli altri, di riflesso si critica il regime che tiene le redini di questo "sistema di valori". Ciao
Delfina  08/08/2011 17:16:36Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Non sono d'accordo, questa lettura politica è una maschera applicata al film per intenti diciamo pure politico-mediatici, che nulla hanno a che fare con la critica cinematografica, ma che seguono piuttosto la nuova linea politica americana, che individua nell'Iran e in altri paesi il nuovo "asse del male" da demonizzare. Non per nulla, infatti, la produzione è iraniana.

La tonalità del film è dominata dalla commedia tragica, con una traccia di suspence non trascurabile.
Molto forte è l'influenza del cinema italiano anni '60 e primi '70 (Risi, Antonioni) su questa pellicola. I toni della commedia e del dramma psicologico sono presi dritti da lì, ma reinterpretati con una sensibilità attuale e legata al contesto locale.


Crimson  08/08/2011 23:25:21Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
"Non per nulla, infatti, la produzione è iraniana."

Non significa assolutamente nulla.

Innanzitutto

http://www.100cinema.it/index.php?/1027-Iran-blocca-le-riprese-del-nuovo-film-di-Asghar-Farhadi..html


poi

http://www.guardian.co.uk/world/2011/aug/04/water-fight-pistols-iran-arrests

Questo articolo fa parte della linea della politica americana? (questa notizia risale a un paio di giorni fa). Vallo a dire a Jafar Panahi...

Che il film sia un giallo in superficie, ricco di suspance, non c'è dubbio. Ma ha un significato profondo che purtroppo t'è sfuggito.

Abbas Kiarostami, Jafar Panahi, Shirin Neshat, Bahman Ghobadi, Bahram Bayzai, Amir Naderi, Asghar Farhadi, Mohsen Makhmalbaf...questi coraggiosi (e molto spesso talentuosi) registi iraniani sono riusciti a raccontare al mondo intero il regime del proprio paese attraverso la loro Arte.
Delfina  11/08/2011 13:07:57Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Beh, in effetti, proprio il fatto che esista un cinema iraniano molto fiorente è significativo. Vuol dire che, nonostante tutto, il paese è fertile di cultura. Che poi vi siano certamente notevoli limitazioni, è scontato, proprio come anche in Occidente vi sono limitazioni pesanti. La democrazia è sempre apparente, mai davvero sostanziale, solo che in Occidente lo è in modo diverso, più sofisticato e sicuramente meno pesante per noi.
Comunque prima o poi, magari, anche l'Iran vedrà un rinnovamento come ce ne sono stati altrove.
Ricordiamo che il regime a base religiosa fu instaurato proprio dalle potenze occidentali (USA) alla fine degli anni '70, dopo aver combattuto le forze laiche, allora prevalenti (assassinio di Mossadegh, lkeader nazionalista)...