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LA VITA E' MERAVIGLIOSA regia di Frank Capra

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Dom Cobb     5 / 10  22/07/2018 15:05:56Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
George Bailey ha trascorso tutta la vita a lavorare per il bene della sua famiglia e per venire incontro alle esigenze della sua piccola città; ma un giorno a causa di un banale errore, rischia di perdere tutto ciò per cui si è battuto con tanto sacrificio. Disperato, Bailey arriva addirittura a contemplare il suicidio, quando giunge in suo aiuto un angelo...
Che Frank Capra sia stato nel corso della sua vita un campione del sentimentalismo e promotore dei più classici valori positivi alla base del nostro modo di vivere e di pensare è cosa ormai risaputa; allo stesso modo, è noto come la sua filmografia sia ripiena di storie che mettono tali valori in primo piano alla stregua di fiabe moderne, dove fra critica spietata ai lati oscuri dell'era contemporanea e il trionfo incondizionato del bene e della parte migliore di ciascuno di noi non era difficile trovare dei parallelismi all'altrettanto iconico cinema disneyano. Era solo questione di tempo prima che Capra compisse il passo definitivo e si cimentasse in un'opera che fosse una fiaba non solo a livello metaforico, ma anche formale e contenutistico.
I tempi, però erano totalmente cambiati nel giro di pochi anni: la guerra aveva del tutto spazzato via l'ottimismo degli anni del New Deal, risvegliando un cinismo dove non c'era più spazio per il genuino sentimentalismo del grande cineasta, motivo per cui "La vita è meravigliosa" fu un fiasco sia di pubblico che di critica. Oggi, esso viene considerato il capolavoro di Capra, trasformandosi in breve tempo in un classico natalizio. Di fronte a tanto clamore, spero mi scusino tutti se non mi unisco al gaudio generale.
Ammetto che ero in trepidante attesa di vedere questo film, dopo aver già visto ed apprezzato la maggior parte delle precedenti opere di Capra; certo, "Arriva John Doe" mostrava un po' di stanca e la formula ripetitiva e ormai prevedibile lo rendeva pedante e un po' fastidioso, al netto di un paio di bei momenti, ma questo non ha intaccato le mie aspettative. In fondo, tutti commettono degli errori, è naturale che si compia un passo falso per poi magari ricorreggere la rotta, tanto più che il film del '41 oggi è uno dei meno famosi del regista. La cocente delusione cui sono andato incontro, però, mi ha francamente sorpreso, anche se i motivi sono diversi da quelli che molti di voi potrebbero pensare.
Infatti non ho alcun problema con il messaggio che il film vuole comunicare, anzi: l'idea che tramite piccoli gesti e con la sola propria esistenza si sia in grado di influenzare in positivo le vite di un'intera città (concetto applicabile in qualunque contesto sociale) viene veicolato perfettamente. Il tutto viene supportato dalle ottime prestazioni del cast, su cui campeggia un James Stewart maiuscolo, che rapidamente si sta imponendo come uno dei più simpatici leading men del suo tempo. Oltre a questo vi è ovviamente l'evocativa regia di Capra, che si serve al meglio delle potenzialità del bianco e nero per creare uno strepitoso miscuglio di commedia drammatica urbana e fiaba gotica nel più classico senso del termine.


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Il problema, ed è uno gigantesco per quanto mi riguarda, è l'esecuzione: tutto ciò che ho detto vale infatti solo per una specifica sezione del film, non per la sua interezza, e fin dall'inizio Capra spiazza con la scelta di relegare la trama vera e propria giusto all'ultima mezz'ora. Per il resto, dopo un prologo che definire strano, bislacco e poco riuscito sarebbe un eufemismo,


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veniamo abbandonati in un flashback che illustra con ampia pienezza di dettagli tutta la vita del nostro protagonista fin da quando era bambino, fra amori, dolori e imprese professionali varie. E il ritmo purtroppo ne risente parecchio: questa sequenza, che occupa tutta la prima ora e quaranta, si dilunga fino alla nausea e da l'impressione di un prologo che non ne vuole sapere di finire, mentre il film si impantana su sé stesso senza ingranare mai. Insomma, che mi importa di conoscere tutta la vita di George Bailey, quando la sua situazione professionale e familiare si sarebbe potuta stabilire nel giro di una ventina di minuti con altrettanta efficacia, magari illustrandoci la sua routine quotidiana fra casa e lavoro? L'intero excursus sulla sua vita non è necessario, perché alla fin fine tutto ciò che ci serve sapere sul personaggio di Bailey ci viene già comunicato nel breve e bizzarro prologo dai discorsi che vengono fatti su di lui, ancora prima che il flashback abbia inizio.
In altre parole, il tutto da la sensazione di una trama insufficiente a reggere più di un'oretta di film al massimo, motivo per cui si è scelto di allungare e diluire la storia esagerando ampiamente le dosi arrivando a una durata davvero eccessiva. Tra l'altro, il bisogno di instaurare ad ogni costo una sorta di conflitto, come se la vicenda principale già non ne avesse uno in qualche modo, porta anche all'apparizione di personaggi completamente inutili.


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Per tirare le somme, il messaggio è valido, le interpretazioni anche e a livello tecnico le atmosfere (qualche volta) sono ancora tipiche del solito, buon vecchio Capra; ma la struttura narrativa priva di senso, alcune scelte di regia altamente discutibili e l'alto contenuto di riempitivo senza capo né coda fa perdere tutta la buona volontà una volta che l'ultima mezz'ora, l'unica parte del film a funzionare davvero, finalmente arriva. Chi l'avrebbe detto che il capolavoro di Frank Capra per me sarebbe risultato invece il suo film peggiore?