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DAISY DIAMOND regia di Simon Staho

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Invia una mail all'autore del commento tylerdurden73     7 / 10  13/04/2018 10:27:21Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Noomi Rapace, forse mai più così brava è Anna, attrice disoccupata che vede regolarmente contrapporsi alle sue aspirazioni artistiche Daisy, la figlia di 4 mesi.
La bambina piange di continuo, in casa, ai provini, sui set, portando la madre ad una condizione di stress tale da indurla ad agire nel modo più innaturale che si possa immaginare.
Purtroppo per Anna le cose non miglioreranno affatto, facendo cadere la donna in uno stato autodistruttivo immortalato da un racconto dal glaciale incedere in cui le emozioni sono quelle strettamente legate al fallimento ed al senso di colpa. I primi piani insistiti, oltre a valorizzare l' espressivo volto della protagonista, offrono una sensazione claustrofobica, spingono al giudizio lo spettatore con l'imputata in primo piano ad espiare le sue colpe attraverso accuse spiattellate da una figlia mai cresciuta, ed espiate in un mondo dove buttarsi via non richiede grossi sforzi.
Il tema doloroso e scottante non spiazza il regista Simon Staho, che con approccio molto distaccato e una narrazione in bilico tra vissuto e fiction, parecchio impostata sui monologhi dei casting, rende ostico il contatto con l'immane spessore drammatico; si ha la sensazione di restare anestetizzati, prigionieri della lucida follia di Anna, in balia di un sofferto processo di catarsi che è recita e calvario continuo, è vilipendio del proprio corpo oltre che dei propri sogni. I riferimenti a "Persona" di Bergman sottolineano le multiple sfaccettature di storia e personaggio, questo in grado di offrire continue immagini diverse di se dal sapore masochistico, almeno fino al passo conclusivo, a quel ruolo fortissimamente desiderato ed ottenuto solo pagando un pegno improponibile.