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CITY OF LIFE AND DEATH regia di Lu Chuan

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Febrisio     8 / 10  31/03/2013 10:57:25Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Dopo Mao, presa la direzione di un comunismo più capitalista, la cina si apre anche al suo passato. Prende così forma ciò che è definito l'olocausto cinese.

Lu Chuan da una visione estesa di ciò che successe nello stupro di Nanchino tra il 1937 e 38. Catapultati alle porte della ex capitale, le immagini si fanno subito notare, specie quelle iniziali, per la capacità d'inquadratura e la morbidezza del bianco e nero. Abbinati a costumi, attrezzature belliche e scenari diroccati è tutto talmente semplice che lo spettatore si ritrova trascinato in una lettura più storica e coinvolgente. Un quadro impressionante e devastante in cui i fatti azzittiscono. Nel silenzio il regista approfitta dei volti che celano l'emozione. L'unica isola di salvezza dell'olocausto rimane per ironia un rifugio umanitario nazista, che fa lo stesso effetto del formaggio ai topi. Pensare che quanto visto farà da prologo agli anni successivi in Europa.

Ricordando che la visione è di parte cinese, con il pregio di non spettacolarizzarsi e di non incastrarsi in retorica, c'è da rimarcare quanto la controparte giapponese sia distinta da un personaggio emblematico incerto nell'accettare il genocidio, Kadokawa. Personaggio idealizzato per ampliare un'analisi più critica. Attraverso lui vengono concessi allo spettatore, oltre agli attimi condivisi di pietà, alcune tra le riflessioni più umane - La vita è più difficile della morte - La responsabilità di questo personaggio, ammorbidisce gli orrori di Nanchino. Pur mostrando scene di sgomento, ciò che avvenne è talmente forte che il regista risparmia allo spettatore un sanguinolento monologo di donne incatenate e stuprate fino alla morte, impalati vivi, mutilati, castrati, teste mozzate, fosse comuni, sotterrati vivi, mitragliati. Gli orrori di Nanchino avevavo generali e sergenti che facevano a gara a mozzar teste.

Finale con una città sopraffatta in tutti i sensi. Anche dai rituali di tradizione, che per quanto il giapponese di norma ricordi il samurai coinvolto tra etica e morali, questo comune immaginario fa da contrasto agli avvicendamenti testimoniati, e a quale onore e superiorità si possa mai celebrare.
Ottimo film.