wega 9 / 10 05/06/2008 15:44:19 » Rispondi "La casa dalle finestre che ridono" è un esempio lampante di cinema che funziona. La pittura rappresentata qui come arte epidermica, il cinema come emozioni sottocutanee, entrambi sono arti fuse in un unico prodotto di elementi, in questo caso il concetto stesso di veicolo del dolore e della malattia, figurativo per la pittura, sinestetico per il cinema. Il film mette tensione con un linguaggio cinematografico di un Maestro di questo genere, con lunghi silenzi interrotti sistematicamente da un calibrato sonoro, inquadrature di spazi stretti e chiusi, primi piani e zoomate di presentazione dei personaggi chiave, tempi di attesa e dei colpi di scena nella corretta logica del thriller, horrorifico in questo caso. Si tratta di un prodotto che sfiora veramente la tensione di "Shining", successivo a "Profondo rosso", quest'ultimo non è neanche lontanamente paragonabile al risultato di Pupi Avati.
ah, ma quanto bella è la sequenza della cena tra i due innamorati!! Grande prova di regia.
wega 04/01/2009 17:57:36 » Rispondi Ma avrà senso poi 'sta roba che ho scritto all' inizio.
anthony 18/01/2009 11:58:02 » Rispondi Ahahahahah!!... D.io santo marco!..non so se quello che hai scritto nelle prime tre righe abbia un senso italianamente compiuto... ...ma dire che geniale è poco... Ecco quello che succede quando uno vive il cinema come "un'estasi sottocutanea"...ihihihih! :-D
Bè, ciancio alle bande! Devo vedere di recuperare assolutamente questo capolavoro d'arte epidermica! :-D
wega 18/01/2009 12:11:26 » Rispondi Ahaha già in effetti mi son messo le mani nei capelli qualche giorno fa...il punto è che non è mica l' unico! Beh però ti assicuro che estrapolando i vari concetti o ******* una ad una li puoi ritrovare bene o male nel film..Sì sì veditelo che poi c' è una supersequenza super-romantica.