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M, IL MOSTRO DI DUSSELDORF regia di Fritz Lang

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amterme63     9½ / 10  01/12/2006 23:25:44Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Un film che se fosse riproposto oggi scatenerebbe molte polemiche. Affronta temi ancora scottanti e di grande attualità come la pedofilia e la possibilità di curarla, la voglia di farsi giustizia da soli, la pena di morte.
Il tema principale è però il contrasto fra istituzioni e leggi ufficiali da una parte e organizzazioni sociali paramilitari e di mutuo soccorso che controllano il territorio e creano consenso (tipo mafia o hamas) dall’altra. Qui c’entra senz’altro la situazione della Germania agli inizi degli anni ’30, in preda al caos politico, spezzettata in mille partitini in costrasto fra di loro e con le istituzioni impotenti e screditate, pronta a buttarsi nelle braccia di Hitler.
Nella prima parte del film la minaccia dell’assassino pedofilo aleggia quasi come una piaga divina sulla società e serve a Lang per mostrare la schizofrenia e l’isteria generale. La società che viene dipinta è piuttosto degradata a livello morale: le elite tronfie e burocratiche, i bassifondi dediti al malaffare e al guadagno facile. E qui si innesca nel film un parallelo insistito (palleggiamento di inquadrature) fra le due organizzazioni rivali della legge e del malaffare. Paradossalmente la figura migliore la fa il malaffare: meglio organizzato, più efficiente, leader più decisi e autoritari. Sono loro che a un certo punto trascinano il film in un crescendo da film poliziesco fino al capolavoro della scena finale, la più bella del film. A questo punto entra in scena il “mostro”, interpretato magistralmente da Peter Lorre, una persona in preda allo sdoppiamento di personalità, una persona disperata che non si sa controllare. Si oscilla fra disgusto e comprensione, fra vendetta e pietà, fra passione e raziocinio. Davanti a lui sta la “gente”, una massa amorfa, in preda agli istinti un po’ come in tutti i film di Lang e un “tribunale” fatto di criminali (forti e imperiosi). La voce della “ragione” (l’avvocato difensore) è debole e pezzente in confronto.
Qui sta tutta l’ambiguità del film. Anche se la conclusione ristabilisce l’ordine, non si può fare a meno di sentirlo come debole e perdente, mentre il malaffare appare come l’unico ordine effettivo.
Di li a poco infatti la Germania avrebbe imboccato proprio la strada dell’imposizione, dell’autorità, degli istinti irrazionali. Lang invece sarebbe poi fuggito negli USA, dove avrebbe risolto questa ambiguità nel film Furia, dove c’è un’esplicita condanna della giustizia “fai-da-te”.
Harpo  01/12/2006 23:46:07Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
complimenti, davvero un commento davvero ottimo. Leggo sempre con piacere le tue opinioni che sono chiare ed esaustive.
Io ti consiglio di iniziare a scrivere recensioni: dai film che commenti si vede chiaramente che hai buon gusto e di chiarezza ne hai da vendere!
amterme63  04/12/2006 08:26:22Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Grazie Harpo, sei molto gentile. Io invece faccio a te i complimenti per la bravura e la competenza delle tue recensioni e commenti. Può darsi che in futuro faccia qualcosa per il sito. Dipende tutto dal tempo.
Harpo  05/12/2006 00:55:58Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
ti posso assicurare che i tuoi commenti (e le future recensioni) sono molto più interessanti dei miei lavori: tu hai chiarezza quando scrivi, sei analitico, arrivi subito al sodo ed evidenzi ogni peculiarità di una pellicola. Io sono piuttosto prolisso e annoiante e ho una chiarezza espositiva piuttosto limitata.
Non sto facendo il falso modesto: è la sacrosanta verità, nonchè la conferma che chiunque ami il cinema può mettersi a scrivere senza problemi delle recensioni.
amterme63  05/12/2006 08:21:57Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Queste righe che hai appena scritto smentiscono la tua teoria. Hai esposto la tua idea in maniera sintetica e chiara. Comunque fa bene avere coscienza dei propri limiti, perché aiuta a migliorarsi. Anch'io non sono mai contento di quello che scrivo.