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LA PAROLA AI GIURATI regia di Sidney Lumet

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_Hollow_     10 / 10  21/02/2014 02:57:57Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Uno dei grandi capolavori nella storia del cinematografo; un'escalation incredibile di suspense lunga 90 minuti.

Già quando si legge all'inizio "United Artists" ci si aspetta ogni bene, ma mai ci si aspetterebbe 12 attori in stato di grazia seduti al tavolo di una stanza fino al minuto finale.
Ricorda un po' quello che nei gialli chiamano "il mistero della stanza chiusa", cioè quei delitti inesplicabili commessi in stanze ritrovate vuote con ogni accesso incredibilmente chiuso dall'interno. In modo geniale anche qui ci si ritrova ad avere a che fare con una sola stanza, tranne che tutto è già stato commesso e quest'unica stanza è solo quella dove si riuniscono i giurati, che devono combattere con gli altri e con sé stessi fino a veder vacillare la propria idea.

E le cose si fanno interessantissime, si assiste a 12 personalità diverse l'una dall'altra (chi più e chi meno), al modo in cui queste personalità e queste diverse psicologie si relazionano tra loro e argomentano le proprie tesi: c'è chi è semplicemente pregiudizievole, quasi un razzista; chi è straniero, logico ed estremamente ben educato; chi ha avuto un'infanzia simile a quella dell'imputato; c'è chi sembra essere razionale ricordando quasi le fattezze dello stereotipo di uno scienziato nazista, passando al "bene" proprio di fronte alla vittoria della ragione e alla confutazione della sua prova; chi è semplicemente un menefreghista; chi ha un odio personale da dover sfogare; eccetera eccetera.

Si assiste ad un dibattito serrato in quest'unica stanza, con qualche pausa qua e là, cosa già meritevole di nota e che per modo e qualità mi ricorda unicamente "I Bassifondi" di Kurosawa, un altro capolavoro.

E alla fine

Nascondi/Visualizza lo SPOILER SPOILER mettendo in mostra un sacco di elementi: la bellezza e perfezione del sistema anglosassone di processo e il valore della giuria, che bloccata nella decisione da un suo solo membro su 12 evita di uscirsene con un verdetto ingiusto (bellissimo a tal proposito quel breve discorso del personaggio interpretato da Voskovec di elogio alla democrazia); la definizione, in un lungo dialogo, degli elementi "marci" (già un po' individuabili nella fase iniziale per il loro riferimenti continui al denaro, da "maleducati" e "parvenu"), che alla prova dei fatti e di fronte ad un ragionamento serio non possono che uscirsene scaldandosi, o con frasi fatte, o sciorinando discorsi razzisti e classisti che lo lasciano isolato da tutti i restanti 11 (bellissima scena anche se un po' teatrale); l'ingiustizia che può permeare un dibattito processuale e a cui solo la giuria può fare da contraltare (avvocato della difesa inetto o disinteressato dal fare il suo lavoro; testimonianze e prove contraffatte o inesatte ecc); la bellezza e la giustizia individuabile in una frase come "oltre ogni ragionevole dubbio".

Forse ha qualche pecca (non registica perché da quel punto di vista è magnifico e lo si capisce già dall'inizio, in quell'unica occasione in cui la MdP è libera di girare nel salone del tribunale e lo fa magistralmente, arrivando come un voyeur agli eventi della stanza seguendo ora una persona, ora un'altra), forse è un minimo irrealistico in certi cambi di schieramento (poca roba), nel raggruppare 12 personalità così diverse e soprattutto nello svolgimento dei fatti, in cui cade un po' nel vecchio trucco dei gialli di nascondere all'inizio elementi fondamentali per arrivare alla verità.
Ma lo fa in modo del tutto naturale e ragionevole, e se questi elementi contribuiscono a mantenere sempre più viva la suspense anche certi strani sviluppi psicologici sono scusati in favore dell'etica e degli spunti moralistici.

In sostanza, vedere la prima riga, il voto è solo una conseguenza. Grandissimo Lumet.