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2046 regia di Wong Kar-Wai

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kafka62     8 / 10  20/01/2018 11:03:54Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Il Tony Leung di 2046 mi ha fatto venire in mente il Charles Denner de L'uomo che amava le donne: entrambi sono degli inguaribili seduttori, che affascinano e attraggono le donne ma, ancora più irresistibilmente, sono attratti e affascinati da loro; ed entrambi sono scrittori di romanzi che parlano, più o meno autobiograficamente, del loro rapporto con l'altro sesso. C'è però una differenza sostanziale: mentre nel film di Truffaut (del quale è citata la colonna sonora di Finalmente domenica) questo rapporto è appagante, anche se conduce beffardamente alla morte di Bertrand, in 2046 il protagonista è invece bloccato da una sorta di frustrante incapacità di dare (contrariamente a quella che è la sua inconscia aspirazione) un compimento alle sue storie d'amore. La misteriosa giocatrice dal guanto nero, la sensuale vicina di camera, la malinconica figlia del proprietario della pensione scivolano sulla sua vita senza riuscire ad attecchirvi, lasciando (e spesso ricevendo) ferite dolorose che a distanza di anni, con i ricordi, continuano a sanguinare. Tutte queste avventure, sublimate da una memoria perpetuamente desiderante e trasfigurate in una bizzarra versione letterario-fantascientifica, si sovrappongono al substrato di un amore antico, antecedente all'epoca del film, mai nominato ma ugualmente incombente fuori campo (probabilmente quello, puro e idealizzato, di In the mood for love), paralizzante termine di confronto che non è più possibile riesumare materialmente, ma solo rievocare con il pensiero, giacché "tornare indietro – come viene detto più volte nel corso del film – è impossibile". Tony Leung rimarrà tristemente solo, con la sola consolazione di immaginare di raggiungere (nel suo libro ambientato nel futuro) quel 2046 dalle molteplici suggestioni simboliche (è infatti l'anno in cui Hong Kong entrerà a far parte definitivamente della Cina e anche il numero della stanza d'albergo in cui passano tutte le donne amate).
2046 è un melò fuori dal tempo, pieno di sguardi languidi, di lacrime che rigano i volti, di romantiche lettere d'amore, di malinconici incontri sotto la pioggia, di addii silenziosi e per questo ancora più strazianti, di gesti al rallentatore che enfatizzano il desiderio e il rimpianto. Film di una estenuante, struggente bellezza, proustiano secondo alcuni e comunque inconfondibilmente (per chi ha visto In the mood for love) wongkarwaiano, esso riesce a costruire immagini piene di pathos e di emozioni non banalmente sentimentali, a dispetto di – o forse proprio grazie a - numerosi elementi di potenziale squilibrio, dal pastiche musicale rappresentato dalla colonna sonora (Xavier Cugat e Donizetti, Preisner e Dean Martin), all'anacronismo della sua parte fantascientifica, dalla indeterminatezza temporale (sono frequenti le didascalie "1 ora dopo", "100 ore dopo", a fronte di immagini quasi del tutto invariate) alla voce off sentenziosamente didascalica.