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IDENTITY (2009) regia di Aria Kusumadewa

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Ciaby     9½ / 10  27/05/2010 21:09:06Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
In un panorama cinematografico difficle come quello Indonesiano, povero di mezzi, profilico quanto ripetitivo nelle idee (basti pensare agli innumerevoli teen-horror a basso costo o alle commedie demenziali), non è comunque troppo difficile trovare quei film degni di essere chiamati tali. Dopo la bella sorpresa horror "Macabre", il Far East me ne ha presentati altri due: il sopravvalutato, ma apprezzabile "The Dreamer" di un simpaticissimo Riri Riza presente in sala, e questo "Identity".

Mentre il primo è un film apprezzabile per una storia leggera e scorrevole, e per la potenza delle immagini, "Identity" si rivela una spiazzante rivelazione.
Controverso e affascinante, "Identity" è il ritratto sconvolgente di un'Indonesia in completa decadenza, immemore di umanità e permeata da egoismo e follia.

Caos, morte e distruzione.

"Identity" è un film indefinibile, che sottolinea l'incessante denuncia sul paese, mettendo in ridicolo, con humor sarcastico, temi delicati come morte e dolore (il bambino a cui viene amputato un piede pur soffrendo di appendicite, il padre agonizzante e il suo vicino di letto che si lamenta dei suoi odori), con tocchi di voluta volgarità (il continuo ricorrere allo scoreggiare), per sottolineare quanto sia volgare e disadattato il malessere di queste anime sole, a cui viene negata persino l'identità.

E poi c'è lei, vittima vera e propria di questo caos aberrante ("Ho più paura dei vivi che dei morti"), entrata nel mondo di Adam, che non considera come amico o probabile anima gemella, ma come cliente e, quindi, una speranza per una somma i denaro (si mostra nuda, silenziosa, ad un Adam attonito).

Il clima straniante di questo caos egoista è impreziosito da una regia traballante e malsana e da una fotografia lugubre. La recitazione, protagonista maschile discreto escluso, invece, non è soddisfacente in un film che, comunque, dimostra un coraggio inverosimile e straordinario per un regista per ora sconosciuto e promettente, che confeziona un film bellissimo, non esente da pecche.

Pecche come scivoloni e intuizioni indovinate, ma fini a se stesse (un lunghissimo pianosequenza), comunque perdonabili per un film che, bene o male, si è rivelata un'ottima sorpresa che si impara ad amare solo dopo un po' di tempo dalla visione.

Straordinaria, poi, la scena in cui Adam mette il rossetto al cadavere di Hawa: una poesia destabilizzante che colpisce. Finale spiazzante.