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HAPPINESS regia di Todd Solondz

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kafka62     6½ / 10  10/03/2018 20:19:00Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Viscidi pedofili che si nascondono dietro il paravento della rispettabilità borghese, donne stuprate che uccidono il loro violentatore e lo conservano in frigorifero tagliato a pezzettini, altre donne che invece avrebbero voluto essere stuprate da ragazzine per potere, da grandi, scrivere con maggiore autenticità romanzi pornografici, e poi ancora coppie sessantacinquenni che divorziano, sorelle che si distruggono vicendevolmente con il sorriso tra le labbra, maniaci telefonici, ecc. Quanto è brutto il mondo di Todd Solondz! Al confronto, il "Viaggio al termine della notte" di Céline ti riconcilia con la vita. Solondz dimostra di avere, come autore, delle buone doti, come appare dalle sequenze che aprono e chiudono il film, pervase da un crudele sarcasmo (un amante abbandonato che si vendica facendo vedere, toccare e desiderare alla ragazza, per poi toglierglielo di colpo, il prezioso regalo che aveva intenzione di donarle quella sera) o da un geniale cattivo gusto (la riunione familiare, in cui figlie e madre si scambiano voracemente i nomi di possibili amanti, mentre il nipote undicenne, che si appresta ad entrare con voluttà nel mostruoso mondo degli adulti, dichiara di avere appena avuto una eiaculazione).
Nonostante ciò, "Happiness" non mi sembra un grande film. Per quasi tutto il tempo, le perversioni e le nefandezze si susseguono e si accumulano con un ritmo tale da colmare presto ogni misura, e per giunta senza quella ironia o quel gusto del grottesco che sarebbero stati necessari. La sgradevolezza e il disgusto hanno quasi sempre il sopravvento sulla volontà di rappresentare criticamente o satiricamente la società borghese, mentre lo stile iterativo da telenovela dell'orrido prevale su un'estetica originale che invece, per fare un paragone, avevano avuto, affrontando tematiche simili, Vinterberg e Von Trier. Ma la cosa che forse più infastidisce è l'assenza da parte del regista di un vero e proprio sguardo morale nei confronti dei suoi personaggi, quell'ostinata indifferenza che, rifiutando qualsiasi forma di condanna, di pietà o di partecipazione emotiva, riduce la vita a null'altro che un putrescente calderone di istinti depravati e morbosi, nel quale però, paradossalmente, risulta essere assente proprio la via d'uscita più logica e conseguente, quella che ci si aspetterebbe in un film del genere: il suicidio.