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LA POLIZIA BRANCOLA NEL BUIO regia di Helia Colombo

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moonlightrosso     10 / 10  24/06/2020 17:46:32Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
L'uomo sensato si chiede come mai vengano impiegati energie, mezzi (ancorchè pochi) e soldi (ancora meno) per realizzare films del genere. E' questa una domanda alla quale non si può e non si deve dare risposta. Certi films esistono e basta e come tali o si detestano o si amano visceralmente e incondizionatamente come del resto facciamo noi adoratori del trash, del weird e dei very strange movies, nonchè esteti del brutto a tutto tondo.
Pasquale Elio Palumbo (1933-2004) (in arte Eliop) è stato un paroliere e produttore discografico di discreta fortuna, avendo lanciato gruppi famosi come "I Giganti" e "I Santo California", per i quali compose la mielosa "Tornerò" (oltre 1 milione di copie vendute), il duo canoro "Juli & Julie" (di cui faceva parte il padre della cantante Giorgia) ed in anni più recenti le cantanti Flavia Fortunato e Jo Chiarello.
Nei primi anni settanta il mercato discografico non garantiva più i guadagni favolosi del decennio precedente e così il Palumbo, nell'ottica di diversificare un po' le proprie attività come un buon investitore, decise di buttarsi anche lui nel mondo del cinema sfruttando delle conoscenze che sicuramente aveva.
Un filone che assicurava buoni incassi a fronte di budgets relativamente contenuti era il thrilling "alla Dario Argento", genere che consentiva, fra l'altro, di eludere con una certa facilità le rigidissime maglie censoree dell'epoca. Dietro la giustificazione di un po' di psicanalisi da caffè, era infatti di consuetudine corroborare trame gialle di maniera con situazioni erotiche e temi scabrosi altrimenti improponibili.
Seguendo le orme di un certo sottobosco cialtrone della cinematografia nostrana, propose dunque ad un incauto ed improvvisato produttore (tale Dario Ammendola) una scombicchierata sceneggiatura per un film dall'improbabile titolo de "Il giardino delle lattughe". Per non farsi mancare nulla, avrebbe voluto impiegare nel suo "capolavoro" un cast internazionale di cui veniva data per certa, secondo il Palumbo, la partecipazione nientepopodimentochè della grande Bette Davis.
Nonostante cotanto produttore non fosse in grado di mantenere siffatte promesse, il film venne girato ugualmente con attori più "à bon marché" ed affidando la direzione al medesimo Palumbo il quale millantava esperienze, sia pur non del tutto documentabili, come regista RAI (ma sarà stato poi vero???).
Qualche non affidabilissima fonte riferisce che abbia diretto negli anni cinquanta alcune puntate del "Musichiere", cosa assai improbabile essendo all'epoca poco più che ventenne, nonchè, nel decennio successivo, del famoso serial televisivo "Le inchieste del Commissario Maigret" con Gino Cervi. Personalmente ho visionato quasi tutti gli episodi e vi assicuro che il suo nome non c'è!!! Pregherei una smentita se dovesse risultarvi il contrario.
Tornando in argomento, il film, girato nel 1972, rimase inedito per circa tre anni, per poi vedere finalmente la luce o il buio delle sale cinematografiche con il diverso e più accattivante titolo di "La polizia brancola nel buio", firmato dal Palumbo con lo pseudonimo americaneggiante di Helia Colombo.
Circolato fino a poco tempo fa in un master ricavato da un super 8 di bassa qualità, il film è stato recentemente restaurato e recuperato per i posteri (ne valeva davvero la pena!!!) in edizione integrale trasmessa addirittura dalle reti Mediaset.
La trama, davvero bizzarra, si incentra su alcuni omicidi commessi nella campagna laziale ai danni di giovani fotomodelle. Un fascinoso giornalista fidanzato di una delle ragazze scomparse, uccisa nella stanza di una locanda mentre stava mangiando un panino (sic!), decide di indagare. Finisce così nella villa di un fotografo paralitico, inventore, a tempo perso, di una macchina capace di leggere e proiettare il pensiero umano (sic!) (evoluzione della macchina che proietta l'ultima immagine impressa sulla retina di argentiana memoria). Con lui abitano la moglie lesbica, la nipote, che se la intende con la lesbica ed una coppia di camerieri dall'aria piuttosto inquietante. Frequenta abitualmente la casa anche il medico condotto del paese (tale Dottor Dalla!!! Il buon Lucio si rivolterebbe nella tomba ma andiamo avanti). Dopo aver assistito a svariate conquiste femminili del nostro giornalista al quale cadono ai piedi praticamente tutte le pulzelle che gli capitano a tiro (tra cui la nipote del fotografo, che vorrebbe essere liberata dal giogo della zia lesbica (mah!) e persino la cameriera) e dopo l'omicidio della cameriera stessa, sgozzata in camera sua dopo un rapporto sessuale con lo scemo del villaggio, sarà proprio il fotografo a scoprire, grazie alla sua "favolosa" invenzione, l'insospettabile assassino, il famigerato Dottor Dalla, ossessionato, non si capisce bene perchè, dalle donne. Dopo averle uccise, le seppellisce nel giardino delle lattughe della villa di cui al titolo di lavorazione, facendosi aiutare proprio dallo scemo del villaggio trattato a suon di pacche sulla testa alla maniera degli sketches di Benny Hill. In un ultimo impeto di follia (più che del Dottore, oserei dire del Palumbo) questi tenta disperatamente di accusare dei crimini il fotografo (in sedia a rotelle???!!!) per poi morire cadendo giù da un ponte.
Nello "spiegone" finale viene rivelata la vera identità dell'omicida: si trattava in realtà di un ex luminare della medicina accusato di aver provocato volontariamente la morte della moglie nel corso di un parto molto complicato; successivamente, per sfuggire alla cattura, sarebbe stato aiutato da alcuni amici (perchè???) a cambiare identità e ad esercitare come medico della mutua (arghhh!!!).
A parte l'assoluta follia della trama, si resta sbigottiti davanti all'atmosfera seriosa che pervade l'intera pellicola, a dimostrazione che il Palumbo, atteggiandosi forse a nuovo maestro del brivido, si sia preso incredibilmente sul serio, salvo poi tornare quasi subito ad occuparsi di cantanti e canzonette dopo questa sua unica ed allucinante esperienza registica, risultata ovviamente fallimentare sotto ogni punto di vista.
Poste queste premesse, è facile intuire come il film, sicuramente inguardabile per i comuni mortali, costituisca invece una continua delizia per i palati trashofili più raffinati ed esigenti: continue e reiterate incongruenze; dialoghi surreali e deliranti (su tutto e su tutti la cena alla metà dello sviluppo narrativo, dove nell'evidente latitanza del copione i commensali, volendo essere intrattenitori e brillanti, declamano frasi senza senso dando vita ad una delle più imbarazzanti performance della storia del cinema). E poi ancora: la recitazione infantile; l'improponibile parrucchino rosso del Dottore; i nomi assurdi di certi personaggi (...Enrichetta Blond, ...il Dottor Dalla); i penosi effetti speciali; l'ambientazione agreste che vorrebbe essere inquietante e che invece è soltanto povera e squallida. Che dire poi dell'espediente fantascientifico, il marchingegno che legge il pensiero, un vecchio mixer scassato con un po' di lucine messe lì a casaccio che neanche si accendono!!! Perla, anzi diamante purissimo di comicità involontaria.
Come nel finale il fotografo ha espresso il desiderio di donare alla scienza la sua invenzione, così noi alla scienza vorremmo donare questo film, per dimostrare alla comunità scientifica e all'umanità tutta, di che cosa il nostro cinema di genere (o meglio degenere) è stato capace di partorire.

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