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OUTRAGE regia di Takeshi Kitano

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Invia una mail all'autore del commento tylerdurden73     7 / 10  25/10/2012 10:57:17Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Per il vecchio yakuza Otomo è categorico obbedire agli ordini dei suoi superiori.
La cieca fedeltà lo porta da essere manovrabile da chi trama nell'ombra, come tanti altri suoi "colleghi" è una marionetta nelle mani di uomini senza scrupoli, diabolicamente ingegnosi nel creare i presupposti per le loro personali scalate al potere.
La storia criminale è comune a tante altre, con ambizioni tali da infrangere ogni codice d'onore.Otomo in questa guerra è l'arma perfetta, non ha timore di sporcarsi le mani ed è capace di violenza selvaggia contro chiunque.
La sua devozione è rivolta a Ikemoto, personaggio viscido e quindi perfettamente allineato con la moralità nulla di questi uomini, abile nel mettersi in lotta contro il suo stesso fratello senza esporsi in prima persona.
Tra i due galli nel pollaio giostra a piacimento il veneratissimo Presidente, vero burattinaio degli eventi che inevitabilmente crolleranno, sempre attento che il suo status di (quasi) intoccabile non venga messo a repentaglio da qualche temerario subordinato.
Kitano torna dopo la pausa (auto)riflessiva ed intimista a trattare il tema della violenza in modo esagitato, un po' alla "Violent Cop" tanto per intenderci, lascia quindi da parte il suo lato più meditativo e sensibile ravvisabile in pellicole come "Dolls" o "L'estate di Kikujiro" per buttarsi a capofitto in questa storia senza gloria né onore.
L'idioma della violenza attecchisce nell'ambito di una realtà che appare come un limbo impenetrabile, accessibile solo a chi con la yakuza fa affari in modo non sempre volontario.
"Outrage" è farcito delle tipiche esplosioni rabbiose del primo Kitano, con momenti brutali (indimenticabile la scena sul lettino del dentista) perpetrati da scagnozzi manichei, duri e crudi, poco più che figurine comunque adatte nell'incarnare l'attitudine ferina con cui cacciano ed eliminano il più debole.
Non manca una certa ironia garantita dal passato cabarettistico del grande Beat Takeshi.