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IM JULY regia di Fatih Akin

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Crimson     7½ / 10  27/10/2010 23:47:02Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Fatih Akin, uno dei migliori registi contemporanei, al suo secondo lungometraggio manifesta già gran parte degli elementi che lo hanno reso famoso qualche anno dopo con l'acclamato e premiato La sposa turca (2004).
Il film si apre con una sequenza splendida, un'eclissi solare.
Oltre ad una regia fantasiosa e tecnicamente ineccepibile, il cinema di Akin è degno di nota per personaggi scapestrati, che risentono nelle loro azioni del fortissimo impatto del proprio ambivalente retroterra culturale.
Im juli è un film che dall'inizio alla fine si dipana su una storia sgangherata e ai limiti dell'assurdo. Un road-movie ricco di trovate e di situazioni inverosimili. Qualche ingenuità narrativa non inficia un lavoro creativo superbo, talvolta geniale.
I personaggi sono delle caricature esemplari, grazie anche ad alcuni caratteristi che li impersonificano e che accompagnano spesso il regista (i grandissimi, e sottolineo il superlativo, Moritz Bleibtreu e Birol Ünel).
Ricorre sempre l'elemento autobiografico dell'emigrato o figli di emigranti che determinano le proprie scelte anche sulla base del richiamo della propria cultura, ma essenzialmente Im Juli è una storia d'amore a dir poco avventurosa.
La capacità impressionante di Akin è di tirar fuori dal cilindro una serie di imprevisti che si combinano perfettamente con le possibili scelte dei protagonisti, che in fin dei conti sono sempre mossi dal sentimento ed è proprio in virtù di esso che riusciranno a superare la moltitudine di ostacoli che il destino gli oppone.
La struttura narrativa ricorre ampiamente all'uso di flashback e per una volta, nell'abuso fuorviante che spesso si fa di questa scelta stilistica, bisogna evidenziare come in questo caso essa calzi a pennello.
Una pellicola che da una parte potrebbe far storcere il naso agli amanti della verosimiglianza, e ad essere mossa potrebbe esserci l'accusa di una conturbazione esagerata di situazioni che prendono il sopravvento fino a sfociare nell'esercizio di stile. Vero in parte; certo non si può nascondere che il finale sia zuccherosissimo, ma il genere di cui Akin si serve per mettere in scena la sua farsa è quello fantastico e l'importante è che questo suo giocattolone semi-onirico alla fine diverta e riesca a veicolare un messaggio anche non banale, ossia che "se lo vuoi con forza non è un sogno".