kowalsky 7 / 10 09/05/2011 01:41:41 » Rispondi Mi ero fatto 10 km per drogarmi di adrenalina con Rodriguez, ma per gli esiti post-Ratzy della giornata il tempo non è stato clemente, e sono finìto a scegliere una programmazione del tutto diversa. Dico subìto che a me Massimo Coppola piace un sacco come personaggio, la trovo una delle poche persone autentiche del panorama televisivo, ma del suo esordio registico non sapevo cosa aspettarmi. Invero è stata una piacevolissima sorpresa/conferma: finalmente un cinema asciutto, magari un pò uniforme, che affronta drammatici temi sociali senza demagogia e soprattutto senza compiacimenti narrativi (come di solìto rischia di fare un certo Winterbotton). Un cinema che è debitore della ricettività neutrale dei fratelli Dardenne, che è capace di mettere in scena il meccanismo della "difesa" (verso la diversità dello "straniero") con quel corpo univoco che è la fragilità del tessuto sociale. La stessa che, nella sua crudele carenza, unisce persone di etnie differenti sotto la stessa arma del disagio e del dolore comune. La regia forse eccede nel minimalismo, ma è così compatta nel descrivere la realtà anche attraverso fotogrammi - in questo senso mi ricorda Bellocchio - ben precisi. Si veda l'istantanea in discoteca o il lungo, sofferto dialogo in rumeno tra una figlia e la madre ritrovata. Niente di rivoluzionario, ma un film che merìta di essere visto. Quando Eva afferma che "lì non c'è più niente e non c'è niente neppure qui" noi spettatori avvertiamo quanto questa parabola di illusioni non sia altro che lo stesso pugno nel naso. E mentre la voce funerea di Ian Curtis provoca un senso di estraniante dolore, l'esperienza della protagonista ci porta davanti all'annientamento culturale e geografico di uno dei tanti "perchè mi trovo qui"