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IL RESPONSABILE DELLE RISORSE UMANE regia di Eran Riklis

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Invia una mail all'autore del commento kowalsky     8 / 10  18/12/2010 20:19:50Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Forse quel carrarmato che trasporta la bara di un'illustre sconosciuta è l'immagine simbolica più forte, deviante e memorabile dell'ultima stagione di cinema. Il mezzo cinematografico può offrire davvero l'"alternativa" visiva e visionaria all'espressione letteraria più emotiva (cfr. il romanzo di Yehoshua)
Me lo porterò a lungo con me, insieme ai soldati-burla di "Le cose che restano", ai frati di "Uomini di Dio", e al noir metafisico di Monte Hellman, sicuramente il più bel film della recente mostra del cinema di Venezia.
Questo è un film che turba, spiazza, e a volte può irritare. Non sempre perfettamente calibrato tra l'amarezza della vicenda e una forzata ironia (v. il personaggio del petulante reporter).
Quindi, 7 1/2, eppure anche nei momenti più grotteschi il regista dimostra di possedere un senso ineffabile di misura, una forza che scandisce le profondità.
Il protagonista è di quegli attori che riescono a entrare nel nostro immaginario con una spontaneità sorprendente. Le immagini seguono un ritmo ora cadenzato ora riflessivo una sospensione lirica à la Anghelopolus diciamo, ma spesso e volentieri collimano con uno spirito "gitano" degno del Kusturika d'annata.
L'odissea di Julia, un corpo che non si vede, che esprime l'immortalità dello sguardo nella foto di un cellulare, parla esclusivamente di un mondo alienato, senza origini, senza nazione, come quella "specie di ritorno a casa", per dirla con gli U2.
Il film - per quanto ricco di contrasti - trova la sua forza proprio in quella "terra di nessuno" che è il racconto di tanta gente, la loro vita lontana, e la loro morte, vicina.
Certo che i cinepanettoni invitano a sollevare i piedi da terra - e non solo quelli - ma davanti all'atavica profondità di un bunker (v. film) noi ritroviamo tutta la perdìta, la distanza siderale tra noi e quell'"altro mondo" di kamikazen e tensioni, dove anche la morte diventa "strumento politico".
strange_river  20/12/2010 17:36:02Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Non da molto ho letto il romanzo che mi è piaciuto per il modo particolare con cui ha trattato l'evento morte a causa di un attentato (quella specie di ricerca a ritroso a dare un senso alla vita perduta della sconosciuta e a se stesso), mentre il finale è un po' sottotono, secondo me, in confronto a tutto lo sviluppo precedente.
Se ne è uscito un buon film, comunque, mi fa piacere.