caratteri piccoli caratteri medi caratteri grandi Chiudi finestra

THE SOCIAL NETWORK regia di David Fincher

Nascondi tutte le risposte
Visualizza tutte le risposte
Estonia     8 / 10  19/11/2010 10:42:45 » Rispondi
Una catena di relazioni che attraversa il web e moltiplica in modo esponenziale il desiderio collettivo di allargare il proprio privato condividendolo con il maggior numero di individui. Conoscere e farsi conoscere, appartenere a una community enorme ed eterogenea, a una "rete sociale globale". Questa è la molla che ha permesso a Facebook di diventare una vera e propria rivoluzione del costume. Ma dietro a questo affare colossale c'è l'intuizione (in parte genuina e in parte ispirata da terzi) di uno studente di Harvard che, cavalcando l'onda della sete di popolarità dei coetanei, ha messo a frutto le sue abilità di genio dell'informatica.
Fincher analizza il fenomeno FB tramite la ricostruzione delle vicende giudiziarie che hanno visto contrapporsi Zuckerberg e la schiera dei suoi accusatori, ognuno con le proprie motivazioni, ognuno coi propri rancori. Non ci sono prese di posizione a favore di questo o di quello da parte del regista, ma c'è soprattutto la scelta di un percorso narrativo serrato e avvincente che evidenzia gli sviluppi, ma anche le ombre, che hanno caratterizzato l'evoluzione del social network e le relazioni tra i suoi protagonisti. Il soggetto Zuckerberg è fornito di un'inespressività immota e indifferente e di quella imperscrutabile dose di distacco e di cinismo che lo rendono impermeabile a ogni tipo di interferenza che lo possa distogliere dall'obiettivo che si è imposto. Obiettivo individuabile non solo nel facile guadagno, che comunque è un elemento ‘accessorio' col suo indubbio peso, ma soprattutto nella ricerca del successo su larga scala, del riscatto personale razionalmente calcolato, della popolarità del vincente.
Un film importante oltre che ben realizzato, perché comunque il quadro che ne esce è il ritratto allargato di una generazione in cui la competizione, ma anche l'autorappresentazione e il protagonismo hanno un posto privilegiato nella scala dei valori. Una buona colonna sonora e il montaggio dinamico con un buon uso dei flashback e di dialoghi fluenti e graffianti sono perfettamente funzionali a tenere viva l'attenzione e a coinvolgere lo spettatore nonostante l'intricato linguaggio tecnico infarcito di riferimenti a raffica ad algoritmi, codici, switch, bit e tag.
Sul filo dell'ironia e di un cinismo lucido e brillante il film non nasconde comunque il versante amaro di un sistema comunicativo virtuale tanto rivoluzionario quanto ambiguo nella sua componente intrinseca di dipendenza e per certi versi di solitudine.