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THE MANCHURIAN CANDIDATE regia di Jonathan Demme

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amterme63     7½ / 10  07/11/2011 19:35:56Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
L'attentato del 2001 alle Torri Gemelli non è stato solo un punto di svolta politico per gli Stati Uniti, ha avuto i suoi contraccolpi anche a livello artistico. In qualche maniera ha stimolato il ritorno a temi politici in tanti film prodotti da quell'anno in poi, in numero molto maggiore rispetto al periodo precedente.
A parte un certo numero di film che cercavano di rinvigorire il patriottismo nazionale ed esaltare la missione liberatrice e democratica della nazione americana, tanti invece puntavano il dito contro l'America stessa, sia per stimolare un esame di coscienza che per mettere in guardia dalle tendenze autoritarie, sempre in agguato nella società americana.
Jonathan Demme aveva le spalle una carriera prestigiosa, con film molto famosi di tipo thriller o drammatico (come ad esempio "Il silenzio degli innocenti" o "Philadelphia"). Aveva al suo attivo anche commedie e altri piacevoli film d'intrattenimento. All'improvviso, dopo il 2001, si scopre regista politico. Con "The Agronimist" precisa le sue idee in fatto di democrazia e di impegno civile. Il film contiene anche una implicita accusa alla politica estera americana nel Terzo Mondo. Con "The Manchurian Candidate" (uscito lo stesso anno di "The Agronomist") interviene in maniera più diretta nel mondo politico americano e cerca di denunciarne potenziali derive autoritarie.
Il film è ispirato dallo stesso libro da cui fu tratto "Va e uccidi" di Frankenheimer. In qualche maniera ne è un rifacimento. C'è però una profondissima differenza fra il film del 1963 e quello del 2003. Nel primo chi cerca di eterodirigere la presidenza americana sono forze esterne, cioè i comunisti, mentre nel secondo il pericolo viene dall'interno della stessa società americana, dal grande capitale privato, dalla sete di potere e dal patriottismo fanatico. Demme dimostra veramente coraggio con questo film, in un periodo in cui la propaganda di Bush era asfissiante. Non a caso il film viene trasposto alla Prima guerra del Golfo. I riferimenti alla guerra a Saddam sono tanti e in effetti si può dire che Demme ci abbia azzeccato.
In ogni caso non è un film di rottura, stilisticamente rientra nel genere classico di denuncia (e risoluzione) dei pericoli che corre la democrazia americana. Infatti, come in tanti film classici, anche in questo caso esistono forze positive che operano strenuamente e alla fine bloccano l'avvento del potere rivale.
Il quadro prospettato (forze occulte, estremo cinismo, nazismo strisciante) è comunque forte e sconcertante. Come pure la consapevolezza che la verità, in questioni di questo tipo, non viene e non verrà mai effettivamente a galla.
Per il resto il film è uno ottimo thriller. Intanto non è assolutamente complicato o difficile da seguire come tanti film di questo genere. Il ritmo si dipana lentamente e a volte stagna. Rimane sempre alta però la tensione, l'angoscia, la voglia di sapere chi e perché. Tecnicamente è un film ben fatto, ben girato. Forse manca di pathos, è tutto così trattenuto, trattato quasi in maniera distaccata, poco drammatica. La recitazione degli attori risente di questa impostazione e a me ha fatto l'impressione di essere forse troppo ingessata. Denzel Washington è forse un po' troppo monoespressivo e Meryl Streep in quella parte forse non era l'attrice più indicata. Comunque riescono lo stesso cavarsela.
In ogni caso onore agli Stati Uniti e al suo cinema, che non trascura l'impegno civile e il significato più profondo che anima la loro società, cioè la partecipazione attiva e consapevole del cittadino alla vita politica.