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IL DISCORSO DEL RE regia di Tom Hooper

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amterme63     7½ / 10  03/08/2011 23:18:47Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Un film piacevole, divertente e senza grandi pretese, ed è proprio quest'ultima caratteristica (comunicare in maniera semplice, umile ed immediata) che "salva" il film e lo rende un'esperienza gradevole e utile. Un'ora e mezza certamente non buttata via.
I temi che vengono esposti sono quelli molto normali e naturali della sicurezza in se stessi, della capacità di affrontare situazioni che richiedono grande forza d'animo, resistenza e reazione alle pressioni esterne; in più viene celebrato il grande valore dell'amicizia.
E' certamente un film "politically correct", in cui non viene messo in discussione il fatto che ci siano persone designate per nascita e rango a guidare una nazione, tenute tra l'altro ad avere una rigida e precisa condotta. Allo stesso tempo si fa capire che il loro ruolo non li pone al sopra, in quanto a umanità e a rapporti interpersonali, rispetto al resto delle persone. In altre parole, le gerarchie vanno rispettate, ma i rapporti fra le diverse parti devono essere improntati alla parità. E' quindi un film dall'impronta democratica moderata.
La chiave del film più che politica (quella sopra è una considerazione indiretta) è di tipo esistenziale. Il ruolo di "re" comporta una serie di responsabilità e di limitazioni che lo rendono umanamente poco appetibile, quasi una sciagura. E' questo l'atteggiamento tenuto da Edward e George, i due destinati a questo scomodo ruolo, i quali non lo desiderano affatto e addirittura l'abbandonano (Edward).
E' molto interessante confrontare questo film con "Habemus papam" di Moretti. Il fim di Hooper è più "convenzionale" e ottimista: una persona "normale", se vuole, trova la forza e la capacità di adempiere ad un ruolo "superumano", grazie proprio all'aiuto di persone speciali (date per esistenti) che possono infondere la giusta energia. Il film di Moretti è assai più anticonvenzionale e pessimista: un uomo "normale" rischia oggi come oggi di non arrivare a gestire certi ruoli addirittura "oltreumani" e purtroppo in società non esistono appoggi o persone speciali in grado di aiutare a superare l'enorme difficoltà.
Il film di Hooper semplicemente ci mostra una situazione assai più idilliaca. Concentrandosi esclusivamente sui due protagonisti (il mondo circostante viene tenuto come semplice sfondo) si scava nel loro animo, facendo così scattare il meccanismo diretto dell'identificazione, che permette agli spettatori di vivere e palpitare insieme ai personaggi. Gli attori hanno fatto poi un lavoro egregio e ciò che ci trasmettono con la loro recitazione rimane decisamente impresso nell'animo.
Ottime anche le tecniche di ripresa, le scenografie e soprattutto la colonna sonora (meravigliosa la Settima di Beethoven). Quest'astmosfera semplice, dimessa, da "simple story", riesce a far perdonare l'uso delle strausate e collaudate tecniche classiche. Del resto era lo stile giusto per quello che si voleva dire.