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IL CIGNO NERO regia di Darren Aronofsky

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andreapau     7½ / 10  23/02/2011 10:01:14Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Storia di Nina, che fece della sua vita un balletto e del balletto tutta la sua vita.
L'amore per l'arte, l'immedesimazione nel ruolo fino alla sublimazione estrema.
Un vissuto che è prologo, svolgimento e tragico epilogo di un corto circuito arte/esistenza dai contorni sfumati.
Dove senso di colpa, complesso edipico, crescita, distacco, sensualità, invidia, perfezione, perversione, giovinezza, amore si mischiano alle note de "il lago dei cigni", ne diventano il motore propulsivo, la linfa vitale, la corsa e l'incidente mortale.
Il disegno artistico, l'opera, totalizzante e dal finale unico, può compiersi soltanto attraverso il sacrificio estremo, con la morte del cigno bianco.
Che conosce se stesso soltanto rinnegandosi, annullandosi, uccidendosi.
Una esistenza vissuta in una gabbia di repressione, con un vestito sempre più stretto e soffocante anche se meravigliosamente fragile e delicato.
Che annichilisce l'anima,mortifica il corpo... quel corpo che sotto il manto di piume candide nasconde un infuocato manto nero e sensuale, e si ribella, si autoflagella, invoca aiuto e libertà.
Un trattato di psicanalisi travestito da film sulla danza, come viene vissuta dalla ballerina, dal suo respiro affannoso, dal suo corpo martoriato dalla disciplina e dai digiuni, mortificato nei desideri, teso al raggiungimento dell'obbiettivo unico.
Scelte registiche importanti, con una fotografia "naturale" che rinuncia alle luci della ribalta per restituire quelle dell'appartamento dimesso, del camerino, della metropolitana, dell'ospedale e della città appena sveglia o vicina al sonno.
Scelte che indugiano sul dolore, sulle articolazioni, sulle unghie, sui graffi, sui ferri del mestiere.
Tutto è malato di sacrificio, l'anima scintillante della ribalta è densa di un buio profondo e melmoso.
Citazioni di Cronemberg assolutamente funzionali al racconto e interpretazione di Natalie Portman di intensità e misura sconvolgenti
patt  23/02/2011 14:10:34Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
complimenti Andrea, bel commento, asciutto ed efficace!
andreapau  23/02/2011 14:35:27Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
grazie,lusingato dal tuo gradimento.
jack_torrence  02/03/2011 16:07:48Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ciao Andrea, il tuo è un commento appassionato, che appassiona.
Si vede che hai "sentito" molto il film, come tutti coloro che ne sono stati conquistati, e molto hai saputo restituire del suo fascino segreto e quasi stregato.
Però questo ritratto di "Nina che fece del balletto tutta la sua vita" l'ho trovato in altri racconti più metaforici, meno totalmente immedesimati nel personaggio. Non mi convince questa adesione totale tra esistenza e arte, mi sembra artefatta, e semmai mi parla di alcuni casi patologici che possono incuriosire, ma non diventano - almeno per me - archetipici. Come invece diventano, eccome, certi ritratti di Cronenberg (incentrati non soltanto sull'immedesimazione artistica: Videodrome, Crah, M Butterfly...), che sono stati segnali e indizi geniali di una tendenze dell'uomo contemporaneo a confondersi fino ad annullarsi con il mezzo di comunicazione, con l'oggetto del proprio desiderio, con la fonte del proprio piacere.
Ma sto divagando.
"Il cigno nero" non trovo sia un "trattato di psicanalisi" - forse mi sbaglio, però mi appare più che altro un bignami di psicologia, rivestito con grande abilità di effetti ottici e visivi rivolti a per-turbare lo spettatore.

"Repulsion", "Rosemary's baby", "L'inquilino del terzo piano": in questi paranoici film di Polansky ci stanno già tutte le frustrazioni e le angosce di Nina: che convince molto come Cigno bianco, mentre non convince affatto come Cigno nero, fuor dall'illusione (affascinante...) delle piroette che la trasformano visivamente in cigno nero.
andreapau  03/03/2011 09:28:39Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ciao Jack,grazie innanzitutto della cortese risposta.
Cerco di rispondere alle tue interessanti obiezioni:
E' vero,ho sentito molto il film...è il mio modo di andare al cinema.
Riguardo il ritratto di "nina che fece del balletto la sua vita",è certamente vero che il medesimo racconto potrebbe essere piu' sfumato..ma da parte mia nessuna intenzione di elevarlo ad archetipo,e anzi,il mio intendimento era proprio quello di sottolinerare l'aspetto patologico insito in certa immedesimazione.
Non condivido pero' l'idea che l'immedesimazione "solamente"artistica sia "inferiore".
Ti trovo ingeneroso nel definire "il cigno nero" un "Bignami",almeno quanto io sono stato generoso nel definirlo "trattato".
Credo che tu abbia ragione,i titoli che hai citato di Polansky contenevano già tutto,ma io da nessuna parte ho mai suggerito un primato e una originalità del cigno.
Sulla tua chiusura ti suggerisco una riflessione:non credi che il senso del film sia proprio l'impossibilità di diventare "davvero" cigno nero,e che quindi essere poco credibile come tale sia funzionale al messaggio?
Lo dico con le tue parole:non si diventa Cigno nero (se si è Cigno bianco)se non nelle illusioni delle piroette