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IL CIGNO NERO regia di Darren Aronofsky

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Ciumi     7 / 10  24/02/2011 18:50:11Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Forse il talento migliore dell'Aronofsky degli ultimi lavori, è quello di sapere incollare la telecamera al suo protagonista; quasi fisicamente, prova talvolta a penetrarlo, senza farsi troppo sentire, spesso gli è dietro le spalle. Ciò gli è riuscito molto bene in "The Wrestler".
Ma se Mickey Rourke era un tronco ruvido e gonfio in uscita dal suo palcoscenico, Nina è un piccolo giglio che vi debutta in punta del suo stelo, leggerissimamente, tale s'aggira dietro le quinte; e nel pedinarla, a volte, si ha la sensazione che Aronofsky si distragga, presti troppa attenzione alle scenografie, si abbandoni a troppa ambizione: è persa tutta quella patita presenza quasi palpabile di Rourke, come perso è il fascino dell'autenticità che regalavano anche i riferimenti biografici dell'attore.
Le scenografie, a tratti anche mirabili, sembrano seguire simbolicamente (e in maniera un po' schematica) il conflitto tra candore e oscurità: spesso sono ambienti bianchi traversati da abiti neri o forme nere, sinuose a volte o angolose, ma rara si avverte quella profondità che ad esempio, a mio avviso, è nel volto di lei che truccandosi si specchia nel buio opaco del vetro del metrò.
Tra i colori appare spesso anche il rosa: nella camera della ragazza, è forse l'innocenza dell'infanzia che si sta macchiando - di rosso, come il bianco del nero.

In sostanza, sempre a mio parere, al film viene benino il cigno bianco e meno bene quello nero. Le visioni, le angosce di Nina, non sembrano appartenerle. Non sono quelle di una giovane fragile in difficoltà con il sesso e la vita che cresce. E non posso essere, per esempio, quelle che in "Repulsion" di Polanski capitavano a una ragazza sessuofobica dai gravi disturbi mentali.
Non affondano. Aronofsky esagera con i trucchi. Il duello tra i due cigni è più coreografico che non psicologico.
E più prova quello nero a sopraffare l'altro, e più si dibatte sull'acqua nera di un laghetto fin troppo artificiale, e più in superficie sembra soccombere; mentre a vincere è alla fine il cigno bianco, quello che seduce con l'abbaglio, riflettendo luci che provengono soprattutto da proiettori d'altri autori.
bulldog  24/02/2011 19:11:17Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Bel commento Maurì, concordo con te.
Ciumi  24/02/2011 19:14:02Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Grazie Giò, stavo giusto leggendo qualche commento sotto, tra un po' arrivo al tuo..
Eleanor_Rigby  26/02/2011 03:34:36Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Anche io concordo con quanto espresso da Ciumi. Le visioni, le emozioni che trattengono il cigno nero dentro di Nina sono troppo artificiose, surreali se confrontate con quanto rappresentato per il cigno bianco; usa due mezzi e due misure troppo differenti per appartenere alla stessa medaglia. Personalmente molte scene di disagio non trasmettono quel sentimento di difficoltà che ha una ragazza mentre cerca di crescere con le sue agosce e paure.
In oltre ho trovato alcune scene leggermente ridicole come

Nascondi/Visualizza lo SPOILER SPOILER molti in sala sono scoppiati a ridere e anche io mi son trattenuto dal farlo; io credo, nel mio modestissimo parere, che tali scene non siano state girate perfettamente e che non seguano affatto il climax narrativo e troncano il phatos del film che è altalenante, proprio perchè A. affronta in maniera troppo distaccata la metamorfosi in cigno nero. Non voglio togliere al film il trucco e la coreografia eccezionali ma si poteva arrivare al taglio finale affrontando i problemi della giovane in difficoltà da un punto di vista tragico e reale/psicologico piuttosto che artificiale e coreografico.
Ciumi  26/02/2011 13:46:30Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ovviamente sono d'accordo con tutte le precisazioni che hai fatto. Che A. si lasci andare un po' troppo alla seduzione coreografica ed estetica del cigno nero mi è parso evidente, e come quest'ultimo (sempre opinioni personali) non riesca mai ad amalgamarsi con quello bianco: non sembra un "mostro" della psiche. Sono d'accordo anche sul fatto che alcune scene rischiano di sfiorare il ridicolo involontario, io l'ho avvertito diverse volte durante le allucinazioni, e mai in nessuna ho provato un sentimento simile ad angoscia o inquietudine.
jack_torrence  26/02/2011 14:31:12Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Quanto sono d'accordo!
Hai espresso al meglio le perplessità che ho sul film.
fidelio.78  05/03/2011 14:06:24Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Si si.. anche io mi trovo sulle stesse posizioni.
Le visioni risultano artificiose perché sono "esposizione" diretta dei pensieri del personaggio. Lo sceneggiatore anziché drammatizzarle le mette come esternazione. Son troppo ovvie e spiattellate e la drammatizzazione delle scene avviene solo per mezzo della regia e della messa in scena. In realtà accade poco o niente.
Per questo dopo un po' l'artificio può diventare stucchevole e a risentirne è il pathos dello spettatore.

Per non parlare dei trucco visivo con cui lei diventa cigno nero... un cliché visivo evitabilissimo preso per il c.ulo anche da Maccio Capatonda in "L'uomo che usciva la gente"... con lui che diventa un asino.
Ciumi  05/03/2011 19:25:27Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ahahah, in effetti il paragone con "L'uomo che usciva la gente" ci sta tutto..
patt  25/02/2011 23:17:10Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
uh Mauri, scrivi proprio bene, a me il film mi ha acchiappato forse proprio perchè innesca il desiderio combattuto che il cigno nero prenda forma, è chiaro che non le appartiene, lei è il cigno bianco

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Ciumi  26/02/2011 13:50:13Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Uh grazie…
Ma Pattolina, guarda che il film un po’ ha acchiappato anche me, però penso che il cigno nero dovrebbe appartenere a Nina già dall'inizio del film, dato che certe visioni e strane preoccupazioni cominciano sin da subito.
Insomma c'è un cigno nero dentro la ragazza dalle piume bianche, come ce n'è uno dentro tutti, però quella lì, tutta fragilina, ci mancava poco che mi diventava Marilyn Manson..
Pasionaria  24/02/2011 20:01:54Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Il tuo commento è bello, ma non condivido quando affermi che le angosce di Nina non sembrano appartenerle, perchè mai?
Secondo me, invece, Aronofski è riuscito a calarsi nella profondità della psiche della protagonista e con un climax da maestro a far emergere il lato in ombra della sua personalità repressa, ci è riuscito così bene da coinvolgere lo spettatore guidandolo con invisibile empatia verso il delirio dell'epilogo , dove l'emotività esplode, almeno nel mio caso( e in quello di tanti altri, visti i commenti). Riesce ad ottenere il coinvolgimento certamente anche lavorando sul piano della visione estetica e dei giochi coreografici, ma ciò è un arricchimento non una perdita di valore.

Ciumi  24/02/2011 20:58:08Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ciao Pasionaria, grazie innanzitutto.
Io facevo un confronto mentale con “Repulsion” di P., che il film ricorda, e da questo confronto “misuravo” la profondità con cui A. è riuscito a calarsi nella psiche del suo personaggio. Però, anche ammettendo di non avere visto quel film, non trovo che le visioni che subisce la ragazza descrivano in qualche modo lo stato della sua mente, sono allucinazioni davvero esagerate, molto estetiche, che poco trovano corrispondenza con uno stato mentale mai spiegato nella pellicola se non attraverso appunto queste visioni.

Provo a essere più chiaro, anche se mi viene un po’ difficile: la protagonista di Repulsion è malata, avrà diverse allucinazioni, tutte incentrate sul tema della sessuofobia e della repulsione verso gli uomini, ma ciò lo s’intenderebbe ugualmente anche senza l’aiuto delle visioni, e perché Polanski in quel caso ne descrive lo stato attraverso una serie di comportamenti. Se vedo Nina, io non me ne accorgo del suo stato psicologico, se non attraverso quelle immagini che, tra l’altro, quando appaiono, non assomigliano a incubi o visioni reali, e sembrano più attente a suggestionare che non a definire una condizione mentale.
L’estetica è anche a mio parere la componente più apprezzabile del film, e riesce nel suo crescendo a coinvolgere, ma nel mio caso solo in parte. Anzi a essere sincero la prima metà è quella che ho preferito. Le troppe allucinazioni, troppo artificiose, non legano con lo spirito della pellicola, e secondo me non sono le note migliori che ha A. nelle sue corde. Il realismo allucinato e meno pretenzioso di “The Wrestler” l’ho apprezzato molto di più.

jack_torrence  25/02/2011 01:01:48Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Sono assolutamente d'accordo con tutto quello che affermi su questo film Maurizio.
Io sono convinto che il coinvolgimento che si prova con la protagonista del film sia dovuto alla forza "illusionistica" del film, che esteticamente è tanto buono da imprimersi forte sulla retina, ...per così dire.
Ma è un'illusione ottica con una conseguenza emotiva, che non collima almeno per me con l'empatia emotiva che il film potrebbe trasmettere, se fosse più onesto ad approfondire la psicologia, invece di "barare" e buttare tutto sul piano di un illusionismo quasi ipnotico.
Mi verrebbe quasi da dire a tutti quelli che lo hanno amato: "risvegliatevi!!! E' ipnotismo!!"

Su questo gioco virtuoso ad ipnotizzare lo spettatore mi è venuto in mente Nolan e il suo esplicito illusionismo. Ecco su Nolan credo che discordiamo. Io ho rivisto "Inception" una terza volta e ci sono cose che mi stimolano e turbano in quel film (le parti legate alla Marion Cotillard). E' squilibrato, gli preferisco "The prestige", ma Nolan mi piace; anche se non stravedo per lui (non metterei mai nemmeno 9 a un suo film), tuttavia lo preferisco nettamente ad Aronofsky.
Ciumi  25/02/2011 13:45:29Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
“Inception” non l’ho rivisto e credo che non lo rivedrò, almeno per il momento. Ma Nolan davvero mi piace poco; quando vedo un suo film mi dà la sensazione del lavoro svolto dall’alunno desideroso di essere il primo della classe: ricontrollato in ogni suo dettaglio, reso complesso nella sua stesura, lustrato e regolato come un orologio. Già di per sé, quest’ambizione che sovrasta il desiderio di espressione (rimane una mia impressione), me lo rende antipatico. Comunque gli preferisco A., quello di “The Wrestler” sicuramente.
Fumoffu  24/02/2011 20:12:30Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Bel commento, davvero.
Leggendolo non solo mi sono trovato perfettamente d'accordo ma secondo me hai espresso in modo eccellente quello che (non bene come hai fatto tu) si può criticare o apprezzare nel film. Anche sul dettaglio del vetro nel metrò secondo me la tua interpretazione è perfetta.
Complimenti!
Ciumi  24/02/2011 21:00:24Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Sì quello del vetro è proprio un dettaglio, una scena (o forse due) tanto breve e ininfluente che pensavo di averla potuto apprezzare solo io. Grazie!