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LA PECORA NERA regia di Ascanio Celestini

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Invia una mail all'autore del commento kowalsky     7½ / 10  11/10/2010 00:13:55Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Questo non è il tipico film che può soddisfare il pubblico, ed è per questo che mi è piaciuto davvero... tanto. Inizialmente ero perplesso, come dovevano esserlo gli altri spettatori. L'impressione è che Ascanio Celestini tenti, con una certa presunzione, di appropriarsi del linguaggio dei "matti", illudendosi di comprendere il loro mondo e poterlo diffondere altrove. Gli stessi comprimari (v. il personaggio della prostituta) affrontano il protagonista o il suo ineffabile alter-ego (strepitoso Tirabassi) come se cercassero tutti una via di fuga, come se il linguaggio tradizionale si estinguesse davanti alle risorse interiori della non-ragione. Sono tutti un pò deviati e surreali in questa terra di sfide e vocazioni e prigioni umane - v. la suora che vive drammaticamente la malattia e la morte di papa Woytila - tutti non liberi davanti alle barriere di una vita predestinata, compresa Maya Sansa condannata a offrire caffè in un supermarket dai princìpi retrivi.
Si resta sì perplessi davanti alla narrazione monocorde di un mondo violato - da recital teatrale - o dalla delusione per chi credeva di trovarsi di fronte un nuovo esempio di cinema-verità.
Ma il film comunica splendidamente quel senso di straniamento, quella prigione emotiva davanti a cui i traumi della vita finiscono per sembrare poetici, le ferite si aprono a una repressa metafora, l'amore si esprime attraverso l'impossibilità di essere "normali".
Per molti versi è un film che ricorda tantissimo "Lourdes".
Ma in questo caso la segregazione diventa "liberatoria", davanti all'ottusa prevenzione di una ferìta di una mente eternamente "pura" e inviolabile.

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Invia una mail all'autore del commento kampai  13/10/2010 18:54:29Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
ciao kow, forse per questo non mi è piaciuto, ho trovato insopportabile anche lourdes a cui avrei torto il collo anche all'attrice.mi pare che abbia banalizzato troppo il "problema matti".il linguaggio che usa è l'esasperazione della ripetizione monocorde che hanno i matti.
Invia una mail all'autore del commento kowalsky  13/10/2010 21:25:52Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Sì ma tu guarda il film in sè, evita i clichè non insegue la via del patetico, vuole comunicare serenità perchè il mondo esterno è grigio e deprimente come quello dell'istituto, che pure è un orpello e niente più. Forse nella sua forma meccanica e cadenzata è un film che segue una strada inedita, anche se come dici tu l'empatia verso quel mondo inaccessibile voluto da Celestini è ambiziosa ma irrisolta (soprattutto irraggiungibile). Forse l'aver voluto descrivere la "favola" come una conseguenza naturale degli eventi (bellissime le scene dei bambini) tenta anche di avvicinare questo tipo inquietante e temuto di "umanità"