Dom Cobb 6 / 10 09/10/2018 23:12:47 » Rispondi Nel Giappone feudale, un villaggio vessato di continuo da una banda di predoni, che ruba loro gran parte del raccolto, decide di ingaggiare un gruppo di samurai per difendersi. Sarà una dura ed estenuante lotta all'ultimo sangue... Ad essere sinceri, sono combattuto nel profondo. Lo ero mentre guardavo il film, lo sono adesso mentre scrivo questa recensione e lo sarò sicuramente per molto tempo ancora: non solo per la consapevolezza di aver dato un voto basso a un film fra i più apprezzati mai realizzati, ma anche e soprattutto per non sapere se avrei dovuto scegliere un voto leggermente più alto o leggermente più basso; se così facendo insulto in qualche modo la memoria di uno come Kurosawa che, in fin dei conti, è stato un signor regista, e offendo la sensibilità di tutti quelli che sono pronti a gridare al capolavoro per le sue opere, e questa in particolare. Perché "I Sette Samurai" rappresenta l'archetipo di un genere narrativo che ha dato vita a innumerevoli remake, scopiazzature e ispirazioni più o meno evidenti che vanno in voga ancora oggi. Ha a suo modo scritto la storia del cinema e creato un'orda di sostenitori sia fra il pubblico che fra generazioni di registi, sceneggiatori, scrittori e quant'altro. Però a me non è piaciuto. E non so cosa dica questo di me, che pure mi ritengo abbastanza maturo da saper distinguere un bel film da uno brutto e da poter apprezzare gli sforzi che vengono infusi in un prodotto cinematografico, anche quando non è di mio gradimento. Qui, però, anche sforzandomi al massimo, non riesco a inquadrare un elemento che sia particolarmente degno di essere ricordato. La storia ormai è arcinota, forse lo svantaggio maggiore per uno spettatore di oggi che già conosce lo svolgimento e l'esito della vicenda, che con più o meno variazioni è stata fedelmente ripetuta nel corso degli anni;
In sette arrivano, fra questi il saggio mentore, il giovane idealista e il sarcastico, e alla fine la maggior parte di essi sono morti, per lo più quelli che vengono sviluppati maggiormente.
perciò, da questo punto di vista, non si trova niente di imprevedibile. Ma fin dall'inizio si fa sentire una dilatazione estrema dei tempi, si succede una sequela di scene lunghe e quiete che probabilmente dovrebbero essere cariche di tensione e che forse all'epoca lo erano davvero; ma che oggi risultano piuttosto un metodo per mettere alla prova la pazienza dello spettatore o per curare l'insonnia.
In particolare l'introduzione del primo samurai, l'anziano e saggio capo del gruppo, e del tipo silenzioso lanciatore di coltelli, nonché la notte d'amore del giovane, sono le scene più tirate per le lunghe.
Non sarebbe un problema se la lunghezza fosse giustificata da interessanti digressioni narrative o un qualche scavo psicologico nei personaggi, ma ciò non accade, anzi: è sbalorditivo come, dopo tre ore e mezza di film, alla fin fine della maggior parte dei samurai coinvolti non ci si ricordi neanche il nome, tanto meno specifici elementi caratteriali, visto che a spiccare sono soltanto tre o quattro dei sette;
Il saggio mentore, il giovane che finisce per innamorarsi e il sarcastico che si rivela essere un impostore ex contadino; anche se forse dovrei includere anche il lanciatore di coltelli, poiché si distingue da tutti gli altri per il fatto di non dire mai neanche una sola parola. Psicologia inversa insomma: ti ricordi di lui perché non dice o fa niente.
e di certo non sono di aiuto né le estenuanti pause che caratterizzano ogni singola scena di dialogo, né il bizzarro doppiaggio italiano, chiaramente eseguito da doppiatori in erba o comunque di dubbia bravura. Per non parlare della durata, esageratamente eccessiva per la storia semplice che viene raccontata: in un'ora e mezza il nostro gruppo di prodi ha appena avuto il tempo di arrivarci a quel benedetto villaggio. A livello visivo, anche lì il film di Kurosawa delude le aspettative: di positivo c'è la restaurazione in digitale, che rende le immagini squisitamente nitide e la capacità di saper dirigere in maniera ordinata sia le scene parlate che quelle più concitate. Ma l'azione manca di mordente, l'assenza di una figura centrale da poter identificare come villain penalizza la pellicola e annulla qualsiasi tipo di urgenza o ansia nei confronti di questi cattivi predoni. Né ricordo alcuna inquadratura particolare degna di rimanere impressa nella mente, una che mi aiuti a identificare il film con certezza, forse anche a causa del bianco e nero che non viene mai veramente sfruttato. Tutto questo, però, non vuol dire affatto che il film sia brutto: infatti, tutti i vari difetti che vi ho trovato hanno a che fare con i miei gusti personali, e a livello oggettivo non vi è nulla di scadente o fatto male. Come ho detto, Kurosawa è tutt'altro che l'ultimo degli scemi e dall'inizio alla fine la regia è competente e solida; gli attori fanno la loro parte, e fra questi spicca come al solito Toshiro Mifune, istrione all'ennesima potenza eppure sempre credibile, autore dei momenti migliori.
Non solo il suo conflittuale rapporto con gli abitanti del villaggio, ma anche e in special modo il monologo sui motivi che lo hanno spinto a diventare un samurai e abbandonare la terra rappresenta l'unica scena coinvolgente in tutto il film.
Perciò, se dovessi concludere la mia riflessione in un qualche modo elegante e speriamo soddisfacente, direi che scavando e riflettendo, sono comunque riuscito a trovare qualcosa da apprezzare. A differenza di "Rashomon", i livelli di lettura della storia sono nettamente inferiori e la vicenda in sé molto meno profonda, almeno per lo spettatore medio occidentale, il che rende questo "I sette samurai" non adatto a tutti. Posso dire, perciò, di non far parte di quella fetta di pubblico a cui il film è destinato, ma questo non lo rende brutto o fatto male. Alla luce di ciò, suppongo sia adatto un voto di sufficienza, il limite massimo che posso raggiungere senza considerarmi un ipocrita.