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RAN regia di Akira Kurosawa

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jack_torrence     10 / 10  10/03/2010 13:15:16Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Fa venire letteralmente i brividi, l'impressionante forza visionaria di questo film, fin da quando, dopo la prima ora (ottima), si scatena la battaglia. Un'ecatombe.
Kurosawa toglie il sonoro, e compone una sequenza devastante, in cui le immagini, il susseguirsi dei quadri, uno più "bello" dell'altro, sono di una potenza evocativa difficilmente raggiungibile.
Dopo quella mirabile sequenza, il film prosegue poi senza mai perdere forza; e si susseguono diverse scene madri che si scolpiscono nella memoria (su tutte, i tre momenti in cui vediamo al centro "Lady Macbeth": quando si impone sul marito, quando le viene offerta la testa di volpe, e infine quando viene decapitata).
E' una lunga, avvolgente spirale verso il precipizio.
Il finale è superlativo: una serie di piani, dal campo lunghissimo al dettaglio sulla pergamena con il Buddha caduta di mano nel precipizio, per tornare al campo lunghissimo, gradualmente. Il senso di abbandono, ineluttabilità, tragedia dell'uomo che questa sequenza comunica, è potentissimo.
Kurosawa invece di suggerire semplicemente l'abbandono, da parte dell'uomo, della dimensione spirituale (il Buddha), suggerisce piuttosto come il conforto dato dal chiudersi nella dimensione spirituale non può evitare la catastrofe.

Kurosawa visto oggi potrebbe perdere qualcosa, assuefatti come siamo a mirabolanti movimenti di macchina, carrellate avvolgenti, effetti speciali che amplificano all'ennesima potenza la partecipazione emotiva dello spettatore, ma che spesso mascherano un vuoto, o non hanno, sotto, la forza di un film come Ran.
Kurosawa invece è ieratico. I gesti sono composti, la recitazione richiama le tradizioni teatrali giapponesi.

Libero adattamento del Re Lear nel Giappone lacerato dalle guerre feudali del 1500, è un film che narra della solitudine del potere, del sommo Male dell'avidità fratricida, della cecità di fronte alla luce.
E' infine la discesa all'inferno di un uomo che sconta in vita la pena di vedere affondare in un vortice di male e violenza tutta la magnificenza di cui era avvolto il suo potere. A differenza del re Lear, sono narrati gli orrendi misfatti compiuti in passato da questo sovrano che non è vittima della sete di potere dei figli, ma ha nel suo passato la colpa del male che si dispiega di fronte ai suoi occhi.
La "Lady Macbeth" non agisce per potere ma per puro desiderio di vendetta, di vedere tutto distrutto, quindi, e non di sostituire una tirannia con un'altra.
E il film è la messa in scena dell'apocalisse del potere.

Il tutto, contrappuntato dal cielo sempre più cupo, dalla cumulogenesi che forma nubi sempre più scure e minacciose, progressivamente a occultare il sole e la luce.
Invia una mail all'autore del commento Steppenwolf  26/09/2010 11:33:45Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ottimo commento.