caratteri piccoli caratteri medi caratteri grandi Chiudi finestra

HEREAFTER regia di Clint Eastwood

Nascondi tutte le risposte
Visualizza tutte le risposte
Marco Iafrate     7 / 10  29/10/2012 20:10:16Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ancor di più che analizzare la paura della morte, questa scomoda compagna di viaggio dell'intera esistenza, il film si sofferma sul timore della separazione definitiva. L'assoluta certezza di non rivedere mai più una persona la si ha soltanto quando questa muore, sembra un'ovvietà, ma ci si rende conto che esiste questa legge che ha imposto la natura soltanto quando ciò avviene.
La morte in se stessa non dovrebbe neanche interessare l'uomo essendo una condizione che non gli appartiene. Diversamente dal dolore, che viene vissuto sulla propria pelle, o della sofferenza, anch'essa sopportata spesso in modo drammatico, la morte non ha niente a che fare con l'esistenza, non interferisce in nessun modo se non quando assolve al suo compito, ripristinare una condizione che era stata abbandonata quando siamo venuti al mondo.
Passare il tempo a chiederci cosa c'è dopo la vita, ha lo stesso senso che ha passare il tempo a chiederci cosa c'era prima di essa , il niente a cui appartenevamo prima di venire alla luce è lo stesso che ci apparterrà quando non ci saremo più, nessun dolore, nessuna sofferenza, nulla. E allora cos'è che incuriosisce e spaventa ? Che fa scrivere tomi, fa nascere dottrine, fa gracchiare maghi, sensitivi, astrologhi ecc. per andare a scomodare il nulla?
Il timore dell'abbandono, del distacco, di ciò che è irreversibile, l'eterna ossessione dell'uomo di poter rimediare a questo evento terreno che ci separa dalle persone amate. La diciannovenne Mary Shelley, due secoli fa, accanto al fuoco di un camino, già rifiutava l'idea del distacco nella stesura del suo famoso romanzo. In qualche modo, qualsiasi, l'uomo deve avere la possibilità di ricongiungersi con chi ha amato in vita, in Frankenstein era ricreandolo con parti di altri corpi, in Hereafter la ricongiunzione avviene, con una stretta di mani, ascoltando le parole di uno sconosciuto, però sensitivo, che stabilisce il contatto.
L'assurdità dell'argomento trattato porterebbe quasi a collocare Hereafter nel genere fantastico, se si dovesse tralasciare il rispetto, che viene naturale, che si ha nei confronti della sofferenza e della morte, si potrebbe affermare di aver a che fare con un film che tratta un tema grottesco. Stabilire un contatto con i defunti è quanto di più assurdo si possa pensare, roba da medioevo, va da sé che analizzando le tre diverse esperienze di vita dei protagonisti, Eastwood, più che sul rapporto che ha l'uomo con la morte, si sofferma su quella che può considerarsi una ricerca sui misteri della vita, sul peso che il destino ha su ognuno di noi, su l'angoscia paralizzante che trasmette l'aldilà.
Il punto di domanda è: Ha senso la ricerca del dopo? Tutto questo dispendio di energie nel voler comprendere cose che vanno al di là della comprensione è inutile se non dannoso, lo dimostra il fatto che nessuno dei tre protagonisti del film vive la propria esperienza con serena armonia, andare a cercare quello che riserva l' incognita del futuro produce gli stessi risultati di quando si va a scomodare il passato ( vedi il tracollo del rapporto nascente tra George e la ragazza conosciuta al corso di cucina), la curiosità non deve tradursi in autolesionismo, il piccolo Marcus rifiuta di vivere la propria vita perché vuole sapere, Marie perde fidanzato e lavoro perché vuole sapere, c'è finalmente George a creare una frattura, lui sa di essere potenziale veicolo di questo sapere, lo rifiuta, immergendosi in un bacio sognato.