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RASHOMON regia di Akira Kurosawa

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Marco Iafrate     9 / 10  16/01/2008 22:35:57Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Un tempio come una camera di tribunale, scenograficamente straordinario, coreografato da una pioggia incessante che fa da cornice ad un processo per un delitto di matrice poco chiara ricordato da tre persone ( un bonzo, un servitore ed un taglialegna ) sotto il padiglione del tempio stesso. I protagonisti del processo sono un samurai, la propria moglie ed un brigante; il primo rimane ucciso, gli altri due vengono interrogati, difendendosi racconteranno ognuno la propria versione dei fatti. Allo stesso modo come i tre incontratesi sotto il tempio, inizieranno a discutere sulle responsabilità dell'accaduto passando la colpa ora all'uno ora all'altro imputato ingarbugliando la matassa, Kurosawa pone anche lo spettatore sul tavolo della giuria, rendendolo partecipe alla ricerca della verità, ma noi sappiamo che quandro si entra nei meandri del giudizio umano non esistono verità assolute, lo vediamo benissimo (se mi è permesso un esempio terra terra) durante le patetiche discussioni in televisione tra "esperti" opinionisti del calcio, ognuno vede quello che vuole vedere, l'obiettività di un giudizio è condizionata dalla propria cultura, dalle proprie esperienze, dagli impulsi e dalle pressioni che ci giungono dall'esterno.
I tre personaggi incontratosi sotto il rahomon manifestano inconsapevolmente tutta la debolezza dell'uomo quando questi si avvale del libero arbitrio; siamo noi in grado di giudicare dove sta il bene e dove sta il male? Il contradditorio che si crea ad ogni versione del racconto è il risultato di una volontà, oppure è l'inconscio a guidare il pensiero? Un tema classico del pensiero occidentale è proprio la contrapposizione tra verità ( alètheia) e opinione (doxa); la verità è la convinzione basata su argomenti razionali, anche quando questi sembrano in totale contrasto con le evidenze sensibili; l'opinione è invece la credenza che si basa su dati sensibili e percettivi, anche quando questi sembrano certi ed evidenti, si può quindi affermare che più che la verità, il bonzo, il servitore e il taglialegna esprimono semplicemente una loro epinione sulla faccenda.
Un film che dopo più di 50 anni dalla sua uscita mantiene una solidità incredibile, c'è voluto l'interessamento di una docente dell'università di Tokyo a far si che la pellicola giungesse in Italia aprendo definitivamente le porte dell'occidente a questo straordinario regista, il quale, avendo nel film ridimensionato il mito del samurai (nel sol levante sempre trionfante) ed avendo messo a nudo una certa mediocrità (se non meschinità) dei personaggi, in patria aveva raccolto soltanto critiche. Una nota di merito va senza ombra di dubbio al grande Toshiro Mifune, ogni sua interpretazione è l'esempio di come il carisma di un attore può elevare un bel film a capolavoro anche le sue (di certo non rare) risate isteriche, che sulla bocca di un altro attore magari darebbero fastidio, riescono ad essere coinvolgenti, grande espressività nello sguardo, grande disinvoltura dietro la macchina da presa; l'epilogo è un messaggio di speranza, l'innocenza del neonato, ancora non inquinata dalla conoscenza, cancella la meschinità della storia ed apre le porte ad un orizzonte nuovo.
amterme63  23/01/2008 17:07:34Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Che bel commento, Marco! Tra l'altro questo è uno dei miei film preferiti. Hai dei gusti splendidi.
Marco Iafrate  23/01/2008 22:26:24Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Grazie Luca! Mi fa piacere che abbiamo gli stessi interessi cinematografici, così possiamo consigliarci, indirettamente tramite commenti, film che l'altro non ha visto. Ai prossimi, ciao.