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BIUTIFUL regia di Alejandro Gonzalez Inarritu

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axel90     5½ / 10  10/02/2011 15:31:41Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ho sempre, e dico sempre, apprezzato Inarritu e il suo cinema così colmo di emozioni, così triste ma allo stesso tempo una fortezza di emozioni, di un doloro indelebile e di racconti di vite senza speranza.
Come sentito da molti, però il vero motore che avrebbe fatto girare Inarritu sarebbe stato Arriaga, lo sceneggiatore dei suoi primi tre film. E incomincio a chiedermi se non fosse vero che lo scrittore e sceneggiatore messicano aveva gran parte del merito per la realizzazione di film bellissimi. Inarritu quindi si scrive e si dirige il film da solo, decidendo di non cambiare di una virgola nè del suo aspetto artistico e del suo taglio da regista, nè sotto il profilo narrativo, raccontando continuamente di disadattati che devono affrontare una vita di continuo dolore...
Mentre con Arriga però tutto funzionava, qui Inarritu si lascia prendere la mano, e come si dice "il troppo stroppia"... La visione di Inarritu è pesante, insopportabile, disturbante ma che non lascia il segno come le precedenti pellicole. Forse preso dalla troppa foga di non far pesare la sostituzione del collega anche in fase di scrittura, abbonda e costruisce trame e sottotrame (alcune delle quali veramente inutili) che ne appesantiscono la visione e rendono "Biutiful" un ricettario di sofferenza elevata al cubo.
La vita di Uxbal, sensitivo e gestore di traffici pochi illeciti tra africani e cinesi, è ad un passo dalla morte, vista la diagnosi che lo rendono un malato di cancro alla prostata. Uxbal nel tempo che gli rimane cerca di sistemare ciò che gli rimane di più caro, trovando un giusto spazio per i figli che cresceranno in una situazione così delicata. E poi partono girandole di avvenimenti, messi lì solo per aumentare il magone: la moglie matta, i cinesi omossessuali, il fratello bastardo...
Non c'è equilibrio, la visione è sempre discontinua e compiaciuta e lo stimolo a continuare è perchè ci si aspetta che alla fine arriva una trovata geniale, invece si continua in modo perpetuo sulla via del dramma impietoso e infinito. Il regista messicano, che è pur sempre ottimo ma fin troppo sopra la righe, affascina lo spettatore con alcune immagine di una potenza visiva enorme e costruisce su Javier Bardem un personaggio che altri non potevano interpretare. Menzione a parte proprio per Bardem che è qualcosa di spettacolare e mi sentirei deluso se quest'anno non vincesse l'Oscar per miglior attore protagonista. Dire che non emoziona sarebbe pronunciare uno scempio, ma personalmente mi sono stufato di questi mattoni senza via di uscita e unicamente creati per creare il groppone quando si esce dalla sala. Un occasione mancata è dir poco, qui servirebbe qualcuno che abbia una visione della vita non così disastrosa e perpetuamente nichilista.