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LA SCUOLA E' FINITA regia di Valerio Jalongo

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Spotify     6 / 10  15/04/2016 00:08:54Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ennesimo film sul declino giovanile (romano), direttamente collegato all'ambiente scolastico. Nulla di nuovo si, però la pellicola, al contrario di altri, non mi è dispiaciuta. Bo, forse sarà che frequentando ancora il liceo, questi argomenti in qualche maniera mi prendono più del dovuto, visto che penso, possano riguardarmi da vicino. Comunque Jalongo, mi sembra che più che la gioventù romana in se, voglia condannare in primo luogo, proprio i licei di Roma, i quali stanno cadendo sempre più, in una spirale di depravazione e abbandono assurdo, con studenti che spesso hanno l'ultima parola sui professori e stupefacenti che girano nei corridoi degli istituti come se nulla fosse. E la situazione non è affatto cambiata dal 2010 a questa parte, anzi, se la volgiamo dire tutta, è anche peggiorata, e nessuno fa niente. Jalongo si dimostra subito un regista capace, visto che da una semplice inquadratura su di un grosso buco presente sulla porta di un'aula, fa capire in che condizioni si insegna, come è ridotta la scuola, che tipi sono i docenti e soprattutto come si comportano gli alunni. Ed anche su quest'ultimo punto è piuttosto bravo, in quanto dirige bene tutti i giovani attori che interpretano gli studenti, facendoli calare nel ruolo del classico scolaro romano nullafacente e strafottente. Stesso discorso per la direzione degli attori interpretanti i prof, il regista li fa ben calare nel classico stereotipo del docente svogliato e svolgente solamente il minimo sindacale. Poi, attraverso la figura di Alex Donadei, esplora a 360 gradi lo standard del tipico giovane disadattato con i classici problemi che può avere, come appunto, una famiglia che praticamente non esiste più, dove i rispettivi genitori a tutto pensano tranne che al figlio e quant'altro. E' ovvio che allora a questo punto punto il ragazzo cerca riparo nelle sostanze allucinogene, tanto peggio non potrebbe andare. Insomma, quella del director è una moderata analisi antropologica del classico ventenne di basso ceto sociale. Il ritmo è abbastanza fluido, grazie anche alla breve durata del film, tuttavia la narrazione è scorrevole (nonostante errori di sceneggiatura che spiegherò dopo) con l'alternarsi della vicenda individuale di Alex e quella dell'istituto Pestalozzi, sempre più in rovina, sempre più in decadenza. La scenografia è uno degli elementi migliori, se non il migliore, dell'intera pellicola: la scuola è ricreata perfettamente, molti dettagli vengono messi in risalto e ci si rende subito conto che la prima cosa che Jalongo voleva fare, era quella di condannare duramente la tenuta delle scuole, in particolare quelle romane. Anche la fotografia non è male, nulla di eccezionale sia chiaro, però con quelle tinte bianco-grigie, evoca un'atmosfera molto "depressa", che caratterizza poi, tutto il film. Il cast è valido: la Golino è sicuramente l'interprete migliore, la sua è una recitazione sentita, realista e a tratti anche drammatica. Veste i panni di una professoressa che vuole aiutare a tutti i costi Alex, arrivando a prendere questa cosa quasi come una battaglia personale, forse anche per dare nuova linfa alla sua vita, la quale si è fatta apatica e insipida. Dimostra che nei panni di una docente ci sa stare perfettamente, con un azzeccatissima esplicazione dei dialoghi e delle convincenti espressioni. Non male neanche Vincenzo Amato, egli interpreta un insegnante svogliato e che fin troppo spesso non viene rispettato da alunni e colleghi, ma perchè non gli frega niente di farsi rispettare. Ha un solo vero interesse, quella per la musica, che corrisponde allo stesso di Alex. I due infatti, per certi versi si somigliano. La sua interpretazione è più che sufficiente. Gli elementi che invece non ho apprezzato, sono essenzialmente due: il primo è la sopracitata sceneggiatura. L'ho trovata davvero poca cosa, poco approfondita, parecchio striminzita e molto ripetitiva. E meno male che comunque il regista opera degnamente dietro la macchina da presa, altrimenti era un disastro bello e buono. Tante cose non vengono trattate a fondo, come ad esempio lo spaccio di droga di Alex, che in teoria dovrebbe essere il perno centrale della storia. Anche la figura dei genitori è poca roba, quando invece in queste trame, sono spesso componenti importanti. Le poche cose salvabili sono i dialoghi che hanno un certo fascino e forse l'analisi psicologica dei protagonisti principali. L'altra cosa che non mi è piaciuta, e che è strettamente connessa allo screenplay, è il finale, scritto e girato male. Molto sbrigativo, alla fine, dopo tante cose buone, non si capisce dove il regista voglia andare a parare, quali siano conclusioni vuole davvero trarre dalla vicenda di Alex. Un vero peccato.

Conclusione: un film caruccio e molto d'attualità, ha dalla sua dei buoni elementi su cui contare, però son le fondamenta che mancano. Sufficienza e niente di più.