La sola grave pecca del film è un groviglio narrativo d'effetto ma parassitario, che toglie respiro, decolora i personaggi, intorpidisce le emozioni. Eppure "Incendies" è una delle poche pellicole impregnate di contemporaneità in grado di amalgamare il gusto della denuncia a quello del puro racconto. Villeneuve è attento a ricondurre il dramma del singolo ai grandi mali collettivi, l'atto di violenza alla dottrina dell'odio. Ancora una volta è femminile il volto della speranza: alla donna, in particolare allo spirito di maternità, viene attribuita la prerogativa della compassione. "Incendies" si conclude con una lettera, esattamente come "Polytechnique". In entrambi i casi la scrittura ha un ruolo liberatorio, quella di Nawal in particolare ha la consistenza del perdono, non concesso ma propriamente donato, dunque sinonimo di accettazione, non di indulgenza ricattatoria. Le parole incise su carta sono il necessario simulacro di un abbraccio, di una carezza al carnefice, gesti inammissibili per un corpo stuprato. Nawal attende la morte per rivelarsi, salvando se stessa e soprattutto suo figlio dalla vergogna. Lo svelamento del segreto sconvolge la vita dei due fratelli gemelli, ma concede loro la possibilità di comprendere, reinterpretare, perdonare l'assenza materna. Il testamento riscatta in definitiva molte esistenze, compresa quella della stessa Nawal. La lapide col suo nome scolpito attesta una vittoria postuma, ma non meno preziosa.