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LESLIE - IL MIO NOME E' IL MALE regia di Reginald Harkema

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krueger419     8 / 10  23/06/2014 20:33:12Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Siamo negli anni '60 e il patriottismo/finto buonismo sono le basi della società americana. Jesus Christ salva e la figura del presidente è analoga a quella del Salvatore. In questo panorama di chiusura mentale iniziano ad emergere le prime trasgressioni che si manifestano per lo più con cultura hippie.
Una cultura non devota alle proprie origini ma nemmeno ai valori opposti a quelli della società. Una cultura "pacifista" che condanna la guerra attraverso i propri costumi e simbolismi.
E poi c'è Charles Manson.
Lui si propone come il vero Salvatore ed oltre che a condannare la guerra e il finto buonismo, propone un modello di vita perverso e mirato all'edonismo sfrenato.
Questo film non pone il focus sulle sue vicende ma si incentra sulla tentazione che alla fine si rivelerà esserla il bene.
Leslie è una ragazza normalissima, timorata di dio ma affascinata dal male. La tentazione vince e lei si ritrova nella Grande Famiglia di Manson. E' entusiasta della sua scelta di vita e seguendo le gesta del suo Salvatore, crea una breccia nel politically correct americano con le sue "sorelle".
L'omicidio dell'attrice americana è uno dei più simbolici omicidi della storia, ma non per questo giustificato.
Perry è l'equivalente maschile di Leslie con l'unica differenza che a lui non è stato proposto di far parte di una setta.
La sua ragazza è "casta e pura" ed il suo vero amore è Gesù Cristo, la sua famiglia è altamente patriottica, per loro la guerra in vietnam non sta a significare una semplice guerra, bensì la vincita di una nazione cristiana, un ulteriore prova che l'orgoglio americano è dato da Dio.
Si ritrova a dover giudicare Leslie al processo, nulla che lui non può sostenere.
Ma si ritrova combattuto se scegliere la strada del Signore e condannare l'imputata o seguire l'istinto e farsi ammaliare dalla figura ingenua e terribile della ragazza.
I famigliare vogliono tener alto il proprio nome, la sua ragazza intuisce che Perry si sta lentamente donando a Leslie e tutto ciò a ripercussioni sulla scelta del ragazzo.
Charles e le sue "sorelle" mostrano al processo una vena ironica che mira a demolire l'orgoglio patriottico: si scolpiscono una croce in fronte e poi si rasano completamente. Leslie racconta di essersi donata completamente all'edonismo, fa intendere alla giuria di aver provato un "piacere orgasmico" nell'accoltellare l'attrice e quel suo tono ammaliante provoca in Perry sogni a tinte eros che lo fanno svegliare "bagnato".
Ma la tentazione più potente non è il male, bensì il bene. Dopo aver provato più volte a convincere il resto degli imputati a scagionare Leslie, Perry si rende conto che mostrare il contrasto tra la Leslie pacifica e la Leslie assassina non può portare che indignazione nei suoi confronti.
Così non si fa convincere dallo sguardo ammiccante della ragazza e la condanna.
Quando i paparazzi gli chiedono il perché dell'esitazione nel pronunciare la parola "colpevole", Perry confessa che i suoi sentimenti non devono interferire con le sue decisioni.
La guerra in Vietnam continua ed il film si chiude.

Si aspira l'atmosfera anni '60 per tutto il film, i filtri sono esatti.
Ciò che colpisce di più è il dettagliato quadro psicologico dei personaggi principali, un pizzico di stereotipi e società americana acquisisce spessore.
Regia visionaria e quasi sperimentale, un delirio visivo dato dalla potenza delle immagini e da un modo diverso di rappresentare la Manson's Family.
Harkema ci riesce, Leslie e Perry sono molto più che semplici personaggi interpretati da attori, ma sono incarnazioni delle due "sponde" in cui era divisa l'america a quell'epoca. Una sponda schiava del buonismo e del patriottismo, l'altra dedita al culto dell'edonismo e all'idea che per cambiare le cose bisogna proporre i propri simbolismi nel più cruento dei modi.
Davvero un bel film.