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IL MARATONETA regia di John Schlesinger

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amterme63     8 / 10  02/07/2012 19:49:01Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
"Il maratoneta" è un thriller piuttosto intricato, certamente non molto "plausibile", ma tutti i difetti sono riscattati da una tensione e da un pathos sempre crescenti, che culminano in uno splendido finale. Perfette anche la fotografia e la regia di Schlesinger, caratteristico il montaggio fatto di dissolvenze incrociate di tipo sonoro (il suono della scena successiva "invade" il termine della scena precedente, creando sorpresa, attesa o inquietudine). Le interpretazioni degli attori sono anche quelle veramente notevoli. Ottimo prodotto, legato strettamente all'atmosfera degli anni in cui usci (seconda metà degli anni '70), ma tutto sommato ancora piacevole e di effetto se visto pure oggi.
Il "non plausibile" fa parte ovviamente del genere thriller e normalmente viene accettato, purché non ci siano contraddizioni o smagliature troppo evidenti. In questo film non ce ne sono, a parte una:

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Ci sono poi le solite forzature, come il protagonista che la fa sempre franca e che alla fine ha la meglio. Ma tutto questo è accettato, anzi quasi previsto. L'importante è che la vicenda ci tenga con il fiato sospeso, ci faccia soffrire e trepidare come soffre e trepida il protagonista, ci faccia sentire "piccoli eroi avventurosi" anche solo per 2 ore.
C'è poi tutta la ricostruzione perfetta di New York che ce la fa proprio vivere dal di dentro, sia nei suoi monumenti simbolici, sia nel suo ventre fatto di quartieri degradati e violenti.
La parte tecnica del film è quindi promossa a pieni voti.
Dal punto di vista della storia narrata, questo film si situa nel solco dei film sfiduciati e pessimisti (tipici degli anni '70) che puntano più che altro a mostrare le conseguenze negative della rivoluzione liberalizzatrice, sociale e culturale, degli anni '60. Come dire: "avete voluto una società non coercitiva, non oppressiva, avete voluto liberarvi dell'ordine e delle regole, avete voluto il riscatto dei ceti bassi (i proletari, gli immigrati)? Ecco il risultato: non funziona niente, c'è degrado, confusione, violenza, insomma una mezza catastrofe".
Anche se esagerata, in qualche maniera la sensazione coglieva un sentire comune piuttosto diffuso e anche il pensiero di tanti intellettuali, i quali avevano la sensazione che la realizzazione del "moderno" (tutti i progetti di benessere, integrazione, realizzazione individuale) non sia stata fatta a dovere o con lo spirito giusto. Il risultato senz'altro ha deluso, se non altro a livello etico, sentimentale e ideologico. Il mondo sarà più moderno, più sfavillante, ma è un mondo invivibile, senza più solidarietà, con tanta indifferenza, frustrazione, rabbia; un mondo dove non c'è una istituzione salda e sana (pure la polizia o i servizi segreti sono bacati e corrotti) e dove non resta che la dura sopravvivenza con tanta amarezza e tanta solitudine.
Il film che ha inaugurato questo filone è stato "Cane di paglia" di Peckinpah e in effetti pure in questo film se ne sentono gli echi (sia nel protagonista, Dustin Hoffman, sia nel suo personaggio di debole e studioso che si improvvisa duro e infallibile carnefice).
Noodles_  02/07/2012 20:52:44Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Gran film dei nostri tempi, mi hai fatto venire voglia di rivederlo!