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THE SHOCK LABYRINTH: EXTREME 3D regia di Takashi Shimizu

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MrXXFONZIEXX     4 / 10  07/04/2011 20:51:01Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Il prolifico regista Takashi Shimizu ("Ju-On", nonchè il relativo remake "The Grudge"), è stato uno dei principali artefici del successo della corrente "j-horror" grazie alla sopraccitata saga "rancorosa" e altre pellicole di livello come l'ottimo "Marebito", anno 2004. Con questo "Shock Labyrinth", Shimizu rischia invece di far vacillare anche il più appassionato tra i fan dell'horror made in Japan. I fatti: un gruppo di amici di lunga data riaccoglie il fragile Ken (Yuya Yagira), allontanatosi dalla città dopo la morte della madre. Non è l'unico ritorno, dato che di lì a poco -seppur in condizioni peggiori- ricompare anche Yuki (Misako Renbutsu), scomparsa misteriosamente 10 anni prima.L'improvvisa apparizione della giovane non convince però sua sorella, certa che la vera Yuki sia morta anni prima. Yuki, intanto, accusa un malore e necessita il trasporto al più vicino ospedale: ma qualcosa, lì, non quadra. La struttura è deserta e dismessa, però la malasanità stavolta non c'entra. Il labirintico edificio risveglierà incubi sopiti, riportando alla memoria del gruppo un traumatico evento che li ha tenuti tragicamente legati fin dall'infanzia. La tecnologia 3-D finora non è mai stata un valore aggiunto all'horror, è un dato di fatto, ma in questo caso rischia anche di rappresentare un vincolo per chi dirige... occorre infatti farcire la pellicola di elementi fluttuanti (vi stuferete assai presto di un maledetto coniglietto di peluche a mezz'aria) e riprese acrobatiche su e giù per una scala a chiocciola, elemento chiave nei ricordi dei protagonisti,ossessivamente (ed eccessivamente) riproposto da Shimizu. Tolti questi elementi visivi (per dovere di cronaca, non tutti da buttare), cosa rimane? Sicuramente poco, se è vero che la storia non brilla per originalità; se non siete ancora stufi di ragazze spettrali, visioni distorte e sete di vendetta in salsa orientale, complimenti per la tenacia ma credo siate in netta minoranza. E' quasi impossibile trovare un punto di forza in quest'avventata produzione, sospinta dal trend tridimensionale, così come è difficile ricordare un sobbalzo del sedere sul divano. Il vero labirinto, negli infiniti 88 minuti che separano dai titoli di coda (interminabili anche loro!), non è quello in cui si perdono i protagonisti, affollato di ricordi infantili e di oggetti neanche troppo angoscianti, ma è quello narrativo, in cui si smarrisce inevitabilmente l'attenzione e la lucidità dell'audience, costretta ad assistere a troppi arzigogoli scenografici e momenti in slow-motion mentale. Uno stucchevole ping-pong tra passato e presente ricompone faticosamente il mosaico degli eventi, ma vi basterà essere arguti come uno dei protagonisti (il quale, di fronte alla struttura buia e fatiscente, azzarda " e se questo non fosse più un ospedale? ") per dedurre il finale, sempre che la palpebra abbia retto fino in fondo. Come scrisse la mia insegnante di scienze su una verifica disastrosa del sottoscritto, "una volta, lungo il percorso, capita di inciampare". E allora Shimizu, facciamo finta di niente, e ci rivediamo a settembre.
Possibilmente in 2-D