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VIA DA LAS VEGAS regia di Mike Figgis

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Invia una mail all'autore del commento Zazzauser     7 / 10  30/12/2010 01:44:12Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
La storia della parabola di autodistruzione di uno scrittore fallito licenziato per problemi di alcolismo che viene accompagnato sino alla morte da una prostituta di lusso stanca delle ingiustizie della vita. Una vicenda intrisa di disperazione, che non concede la benchè minima speranza di redenzione, la più piccola via di fuga, una storia bruciante, fascinosa e malata allo stesso tempo.
Non ci sarebbe stata nessuna metropoli più adatta di Las Vegas, città del vizio, della perdizione e dei piaceri effimeri e fasulli come il sesso e il denaro, per mettere in scena la cupiditas dissolvi - Freud insegna - del personaggio di Nicholas Cage, deciso più che mai a suicidarsi lentamente a furia di bere. E Mike Figgis se ne serve in maniera eccellente creando un mood davvero unico nella storia.
Interessante il rapporto che si crea fra Cage ed Elizabeth Shue, una specie di surrogato d'amore che non consiste nell'aiutarsi - in questo caso nel salvarsi - a vicenda, ma nel condividere l'esperienza di autoannullamento, vivere insieme ogni istante come fosse l'ultimo. C'è da dire che in questo suo personaggio tutto eccessi Cage (ai suoi massimi storici senza dubbio) riesce a risultare non pienamente convincente anche nel suo stato di grazia, mentre la Shue nel classico ruolo già più che canonizzato della whore with a heart of gold meriterebbe decisamente più attenzione invece di essere relegata ad attrice di nicchia rispetto alle dive hollywoodiane.
La sceneggiatura è parecchio arrancante e lenta per una buona metà di pellicola e questo crea un discreto calo di coinvolgimento, poi tutto migliora sensibilmente per sfociare in un bel finale. Magnifica la scena di quasi-sesso fra la Shue e Cage sulla sdraio della piscina dell'hotel fra raggi del sole e whisky a litri, in assoluto la scena con la resa visiva migliore del film.
Un buon prodotto, anche se ben lontano dal capolavoro, che forse in mani ancor più capaci avrebbe potuto diventare eccellente