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I SPIT ON YOUR GRAVE (2010) regia di Steven R. Monroe

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Invia una mail all'autore del commento tylerdurden73     7½ / 10  05/05/2011 13:18:17Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Differente rispetto all'originale,non tanto per la trama che a grandi linee si attiene al vecchio canovaccio,quanto per l'approccio scelto da Steven R. Monroe,più efferato durante la sanguinosa vendetta, meno documentaristico e maggiormente moderato nella parte "rape",resa più sopportabile da una progressione di umiliazioni fisiche e psichiche meno spietata e insistita.
Dopo la vile aggressione la vittima si eclissa e lo script si concentra sugli aguzzini,sempre più paranoici davanti all'evidente persecuzione messa in moto dalla ragazza,data erroneamente per morta.
Per il resto la storia non subisce variazioni clamorose,la più meritevole sta nell'inserimento di un personaggio a sorpresa,illusoria salvezza e invece mostro ancora più spietato dei quattro giovani zotici.
Nella seconda parte ci si immerge in truculente scene da torture–porn,una volta tanto onorando quelle che dovrebbero essere le peculiarità del filone,troppo spesso millantate e poi ridotte a robetta per adolescenti facilmente impressionabili.Qui invece Steven R. Monroe va giù duro,con pene del contrappasso che probabilmente avrebbero fatto la gioia di un Dante incattivito come non mai.E' la spietatezza che trasuda nella parte vendicativa a entusiasmare dopo un avvio senza troppi acuti,fiacco nel ricreare quel senso di minaccia che circondava l'originale Jennifer nel suo isolato cottage.In questo caso c'è un'inversione di tendenza,con un crescendo dell'interesse solo da quando i vigliacchi stupratori iniziano ad essere messi sotto pressione, con lo spettatore scaltramente spinto a tifare per un bel massacro.
Gli inevitabili contraccolpi di cui è vittima la ragazza non vengono presi in esame,mentre Zarchi mostrava il faticoso decorso con discreto realismo la moderna Jennifer rinasce senza spiegazioni ,come una fenice dotata di un istinto assassino da provetto serial killer.
Per accettare ciò occorre stare al gioco,anche perché la pellicola estrapolata dal contesto storico degli anni ‘70 disperde qualsiasi significato intrinseco.
A differenza di altri remake insipidi almeno questo ostenta una bella cattiveria e pazienza se ,come spesso capita,lascia per strada argomentazioni che comunque non erano state trattate in modo eccelso già da Zarchi.