caratteri piccoli caratteri medi caratteri grandi Chiudi finestra

BOOGIE NIGHTS - L'ALTRA HOLLYWOOD regia di Paul Thomas Anderson

Nascondi tutte le risposte
Visualizza tutte le risposte
kafka62     8 / 10  25/03/2018 17:18:19Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Di storie di personaggi che, partendo da zero, sono assurti alla fama in uno dei tanti campi dell'arte per poi ricadere in uno squallido anonimato (la classica parabola faustiana ascesa-gloria-caduta-dannazione o morte), il cinema ne è pieno zeppo. Eppure, nonostante questo, al film di Anderson riesce comunque di essere originale e interessante. Gran parte del merito va allo stile dell'autore, che è morbido, sinuoso e avvolgente, soprattutto nei bellissimi piani-sequenza (quello, lunghissimo, d'apertura, che si vorrebbe non terminasse mai tanto è virtuosisticamente perfetto, cita "I protagonisti" di Altman, che a sua volta citava Welles; nei passaggi dai totali ai primissimi piani il riferimento dovrebbe invece essere fatto a Hitchcock), ma anche, quando occorre, nervoso e sincopato, come prescriveva la grammatica del cinema anni 90. Stile a parte, il motivo di maggior interesse di "Boogie nights" è nel ritratto corale di un ambiente (ancora Altman), il quale prende il sopravvento sulla storia individuale, evitando al film tutte quelle trappole (leggi stereotipi narrativi) che rovinano o comunque limitano fortemente anche pellicole per altri versi dignitose, come ad esempio "Shine".
Anderson utilizza intelligentemente ironia e understatement, riuscendo, oltre a sfuggire ad ogni tentazione peraltro ingiustificata di agiografia, a non cadere mai nel patetico, nel sentimentale o nel cattivo gusto (perfino in sequenze come quella in cui il direttore della fotografia uccide la moglie fedifraga e poi si spara durante la festa di fine anno, o quelle che tratteggiano la crisi "artistica" del protagonista) e a rendere tutte le figure del film, anche quelle minori come Maurice Rodriguez, veri e propri personaggi. Se proprio un difetto lo si vuole trovare (ma è un difetto che hanno anche film come "Quei bravi ragazzi" di Scorsese), forse va visto in una tendenza, percepibile nella seconda parte, ad annacquare la coralità in favore di una certa aneddoticità (vedi la sequenza, peraltro riuscita, della vendita della partita di coca, che ricorda analoghi momenti e atmosfere di "Trainspotting" o "L'odio", se non addirittura di Tarantino o Kitano), cosa che fa perdere un po' di pathos emotivo al finale, perdita solo parzialmente scongiurata dalla beffarda "sorpresa" dell'ultima scena, con l'inattesa esposizione di quel membro che per tutto il film era rimasto ostinatamente celato alla vista dello spettatore.