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BIRTH - IO SONO SEAN regia di Jonathan Glazer

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Woodman     7½ / 10  14/08/2014 19:34:28Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
La sotterranea ipotermia paralizzante incontra la delicata suggestione della maestosa orchidea.

Il candore floreale si mescola -e ne diviene desinenza- col profumo ipnotizzante, allontanarsene significa crepacuore, mancanza, smarrimento, fulminea vertigine, incontrollata e forte necessità di abbandonarsi di nuovo fra le sue impervie venature.

Lo sguardo si perde nel momento in cui ripenso all'intensa fuga dal dolore, è in quel modo che mi allontano dalla sofferenza in me connaturata, concedendomi alla tentazione salvifica e illusoria, troppo breve perchè troppo impenetrabile, troppo insicura, insidiosa, preoccupante, fonte di concatenati arcani tormentosi.

Non posso perdermi troppo fra i petali sinuosi e immobili, ne rimarrei soffocato.
Ne ho paura. Ho paura di affidarmi alla mia medicina, non ne conosco gli effetti, non so cosa mi aspetta oltre la soglia dell'inestimabile piacere. Ne ho paura ma non so rinunciarne.

L'alternativa sarebbe rinunciarvi, sì, dunque ecco l'assalto penetrante e attanagliante del senso di mancanza, per carità, l'abbandono lacerante, che fardello insostenibile.

Smaschero finalmente l'illusione calmante, il suo tradimento. Appassisce, muore, un ridicolo, cagionevole cadavere in dissolvenza.
Ne sono contento, posso riavviare la ricomposizione del mio io conscio e libero dall'ebbra, intento a rifugiarmi nella sicurezza di un sedentario, cementificato dolore, tornando ad abituarmici, senza pericolosi intralci seducenti, svianti.
Ma come potrò dimenticarmene per sempre?

"Voglio che tu le dica adesso che non la vedrai, nè l'importunerai mai più"
"Non posso."
"Dille che non la vedrai, nè l'importunerai mai più"
"No."
"Fallo."
"No."
"Diglielo Sean.."
"Non posso."
"Perchè hai scritto questo?"
"Perchè sei entrato in casa sua?"
"Dovevo parlare con lei."
"Beh, voglio che tu le dica adesso che non la vedrai, nè l'importunerai più"
"No."
"Sean.."
"No."
"Diglielo."
"Mi fai star male.."
"Sean, dille che non la vedrai nè l'importunerai più"
"Non posso."
"Tu lo capisci questo?"
"[sussurrando] Diglielo.."
"[sussurrando] Non posso.."
"Non devi importunarmi più"
Breve silenzio, sguardi di pietra.
"Faremo tardi..."

Opprimente, denso, languido, plumbeo, mortifero, raggelante, solenne.
Uggioso e tetro mix di tutto ciò, sfoggio di slanci lirici a decorarne la forma, grigissima e ossessiva parabola sulla fragilità umana -plagiata e plasmata dall'amore- sottomessa al filtro, cupo e straziante, del fanciullesco, che tiene le redini della faccenda e la guida sino a farla sbattere contro il muro più deturpante.