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BRANCALEONE ALLE CROCIATE regia di Mario Monicelli

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hghgg     8 / 10  23/02/2015 14:49:07Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Eccellente seguito de "L'armata Brancaleone" che nel complesso poco ha da invidiare al film del 1966 anche se "Brancaleone alle crociate" alterna in realtà momenti di grandissimo cinema ad altri punti che mi hanno decisamente convinto meno.

Per quanto riguarda l'eccellente fotografia, l'uso dei colori sempre vivi e accesi (ad accentuare il fantasioso ed il grottesco) e la costruzione sublime di alcune scene "Brancaleone alle crociate" si mantiene sullo stesso livello del primo film, grazie soprattutto alla regia abilissima di Monicelli che qui riesce a regalare davvero alcuni momenti da brividi, per bellezza. Da sottolineare l'idea nuova della divisione in capitoli, a scandire le varie fasi del film e delle avventure del più maldestro dei cavalieri medioevali.

Tra le scene indimenticabili accennate prima che Monicelli dirige con enorme maestria ricordo innanzitutto il primo incontro di Brancaleone con la Morte (l'intero capitolo "Primo dialogo di Brancaleone con la Morte") a seguito dello sterminio dei suoi compagni di viaggio. Già solo la messa in scena del "cimitero" con tutti i corpi sepolti a testa in giù con le gambe che spuntano fuori dal terreno, basterebbe a fare grande questo "capitolo" del film. Una sequenza impressionante, una scenografia esaltata dalla fotografia e dall'uso intelligente dei colori che permettono alla regia di Monicelli di cogliere ogni sfumatura di quelle desolanti inquadrature. Poi l'indimenticabile monologo tragi-comico di Brancaleone, in cui Gassman libera tutta la sua straordinaria anima teatrale adattandola allo spirito goliardico del film e del suo personaggio; uno dei momenti migliori del film. E infine appunto l'esilarante primo dialogo con la Morte (interpretata dal giovanissimo Gigi Proietti nascosto sotto un pesante costume e che per l'occasione sfoggia un accento toscano) con Gassman e Proietti a dar vita ad uno degli scambi di battute più divertenti e riusciti del film.

Altra grandissima sequenza (piuttosto cupa e "intimista", in cui esce fuori l'invettiva sociale di Monicelli) è quella presente nel capitolo "La ballata dell'intolleranza" che probabilmente rappresenta il mio momento preferito del film, quello che ha spostato la bilancina del voto dal "7,5" all'"8". Un momento di grande cinema da ammirare e contemplare.

E infine "Il secondo dialogo di Brancaleone con la Morte" ambientato nella scenografia tremendamente affascinante del deserto, con una grande fotografia e con Monicelli che ritrae l'epico-comico duello finale tra spada e falce, tra Brancaleone e la Morte, tra Vittorio Gassman e il mascherato Luigi Proietti nel gran finale del film, con tanto di intervento della Sandrelli e "finalissimo" delicato e poetico (Proietti e la Sandrelli... Mi viene da piangere, dannata televisione italiana!). Tutto molto bello.

Tra i momenti comici più riusciti a mio avviso ricordo il primo incontro e il duello tra Brancaleone e Thorz, o la scena della grotta con Pattume (altro personaggio interpretato da Proietti, uno e trino in questo film) o la prova dei carboni ardenti con Gassman che mostra una vasta gamma di impagabili espressioni comiche.

Eppure è proprio nel versante puramente comico che a volte il film non riesce a convincermi del tutto, trovo la sceneggiatura sempre brillante e ben scritta con buone idee e qualche spunto geniale ma i dialoghi, le battute ad esempio sono a volte più mosce e soprattutto nella parte finale (quella in Terra Santa) hanno completamente smesso di farmi ridere, esclusa qualche sortita dell'immarcescibile Mattatore.

Causa principale la degradazione di quel particolare e originale linguaggio ibrido che rendeva indimenticabile il primo film. Qui purtroppo questo linguaggio appare meno fresco e a volte fin troppo spinto nella direzione della sua parte dialettale, con qualche dialogo e battuta un po' troppo banali. Personalmente poi i duelli in rima tra Gassman e Celi non mi hanno fatto impazzire, troppo tirati per le lunghe e poco divertenti a mio avviso sebbene sia carina l'idea della parlata siciliana, giustappunto in quei territori lì.

Nulla di irreparabile perché poi c'è il duello finale di Brancaleone contro la Morte che risolleva tutto e ci regala un grande finale.

Della regia di Monicelli ho già detto. Gassman qui non è sublime come ne "L'armata Brancaleone" ma è comunque ottimo e ormai si è cucito sotto pelle uno dei suoi personaggi più riusciti e meritatamente più amati; inoltre di lui ho già detto abbastanza commentando il precedente film e finirei anche qui per ripetere le solite lodi.

Nota di merito al resto del cast, escluso qualche perdonabile "cambiamento" (il povero Zenone che appare solo nei primissimi minuti che da Enrico Maria Salerno si trasforma tristemente in Shel Shapiro).

C'è un Paolo Villaggio in gran spolvero, un'ottima Stefania Sandrelli, una che tra gli anni '60 e i '70, fin da giovanissima, si è ritagliata uno spazio importante nella storia del cinema e che nel 1974 reciterà ancora a fianco di Gassman nell'indimenticabile "C'eravamo tanto amati" e un Proietti scatenatissimo e impegnato ad interpretare tre personaggi diversi (la Morte, il folle Pattume e il "santo" Colombino) e di tutti e tre da un'interpretazione memorabile dando già chiara dimostrazione di un talento che negli anni '70, al cinema come al teatro, come attore o come one-man-show del miglior cabaret possibile, regalerà perle su perle. Qui si era nel 1970, Proietti agli albori del suo periodo aureo duetta magnificamente e senza timori riverenziali di sorta con un Gigante come Gassman (nei panni della Morte, soprattutto) e da sfogo alla sua guascona follia con Pattume, con quelle espressioni allucinate che non possono non impressionare.

Non è certo un caso che Vittorio Gassman lavorerà ancora con Proietti e questa volta nel "Sacro Tempio" del teatro con "La cena delle beffe" (1974) con protagonista e a cura di un certo signor Carmelo Bene.

Curiosità: Gassman e Proietti sono entrambi fondatori di celebri "botteghe" per la formazione di attori e cabarettisti teatrali, uno a Firenze l'altro, ovviamente, a Roma.

Insomma per Proietti "Brancaleone alle crociate" fu forse la scintilla che accese definitivamente il suo periodo artistico migliore (in cui lo ricordiamo anche come grandissimo doppiatore, nel difficilissimo doppiaggio di Robert De Niro in "Mean Streets" di Scorsese nel 1973 o in quello di Donald Sutherland nel "Casanova" di Fellini nel 1976, ruolo che inizialmente avrebbe anche potuto essere suo), culminato nel 1976 con il sublime one-man-show di "A me gli occhi, please" sua definitiva consacrazione.

Poi Adolfo Celi, un grande, qui però un po' limitato da un ruolo e da dialoghi che personalmente non mi hanno proprio convinto. E un convincente Lino Toffolo e una splendida Beba Loncar.

Cast di prim'ordine, con attori di sicuro talento e giovani lanciatissimi (più Gassman che sta nell'Olimpo ed è una categoria a parte) che contribuiscono molto alla riuscita del film.

Un altro, ennesimo, grande film di Monicelli che nel complesso non ha poi moltissimo da invidiare a quel gioiello indimenticabile che lo precedeva di 4 anni.

Splendido.