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HARRY POTTER E I DONI DELLA MORTE - PARTE 2 regia di David Yates

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Invia una mail all'autore del commento kowalsky     8 / 10  18/07/2011 23:30:45Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Si tira un sospiro di sollievo per la conclusione della saga di Potter, il ciclo di fantasy più popolare di sempre, ma al tempo stesso permangono tanti interrogativi: che fine faranno - ma davvero - tutti loro? Prigionieri dello stesso schema o del successo (e vale anche per la Rowling) di questa serie infinita e un pochetto stremante? Diciamolo, nessun film di Potter, credo, possa essere definito un capolavoro. Diciamo che due o tre episodi sono stati nella media, altri tre discreti e di buona fattura, e i rimanenti interessanti e a tratti (v. Il prigioniero di Azkaban) a livelli di eccellenza. Molte trovate di questi film atte a far aprire la bocca allo spettatore affamato di sogni sono furbe (e a volte riuscitissime altre meno) citazioni di altri film. Tuttavia ci sono state quasi sempre ottime intuizioni: il tema della paternità, il dono (e la condanna) della magia per un personaggio che a dirla tutta esibisce un tetro velo di solitudine, i riferimenti a certi inquietanti meccanismi coercitivi della follia sociale (v. il nazismo a cui allude soprattutto la prima parte de "I doni della morte"), e perchè no? il monolitismo dentro cui si apre e si chiude il contesto del film, sempre così diverso e in fondo anche uguale a se stesso.
"I doni della morte II" risulta complessivamente (ovviamente) schematico e monolitico, in quanto Potter si trova ancora più solo a combattere, manca anche qualche guest star di rilievo a distrarre lo spettatore dalle prodezze dell'ex maghetto ormai maggiorenne. Eppure è uno dei film meglio girati in assoluto. C'è uno schema d'impotenza davanti all'esistenza della morte quella che passa dai climax celestiali à la Tree of life (Malick) al terrore profuso della minaccia maligna. La saga si chiude, vero, nel segno di un gesto che riporta tutti con i piedi per terra (il coraggio come espiazione non ha più credìto) ma via via che cala il sipario il dolore e la sopraffazione crescono, in un'atmosfera cupa che poco concede all'ironia dei primi episodi della serie.
Con questo film si celebra soprattutto l'utopia di un mondo rappacificato, altrimenti la vera "morte" diventa la stessa vita atta a combattere contro tutti i soprusi e le malvagità di persone che perseguono per tanto tempo lo stesso piano crudele - e in questo senso Valdermort suscita un'istintiva simpatìa per la sua proverbiale incapacità di programmare una vita diversa.
Le rovine di Hogwards sembrano uscite sì dai migliori momenti del "Signore degli anelli" di Tolkien, ma se ci sforzassimo di decontestualizzare il referente cinematografico, avremmo una serie di immagini, da Auschwitz alla Libia, che ci portano davanti all'immaginario mostruoso della realtà "civile".
Come ultima prova di maturità, la crescita dell'umanità equivale anche a questo: un patto scellerato con i doni della vita e della morte
Terry Malloy  19/07/2011 13:42:47Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Luca hai fatto un commento bellissimo.
Orfeo  20/07/2011 00:11:13Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
il monolitismo dentro cui si apre e si chiude il contesto del film, sempre così diverso e in fondo anche uguale a se stesso.

mi spieghi che cosa significa per piacere?

ho riletto il tuo commento più e più volte, ma confesso che mi ha lasciato più confuso che altro.
Terry Malloy  20/07/2011 12:19:20Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
è molto semplice: Harry Potter è una realizzazione artistica che fonda se stessa sul monolitismo (immobilità, unidimensionalità, chiamala come ti pare) della lotta tra Bene e Male. Tutto è proteso verso questo nucleo contenutistico..ovviamente una volta morto Voldemort la storia si esaurisce. Questa è la marca stilistica del Fantasy che è un genere interamente fondato sull'Allegoria.
Invia una mail all'autore del commento kowalsky  20/07/2011 14:51:31Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Hai risposto già tu, grazie. Aggiungo che intendevo anche alludere al fatto che certi elementi coreografici o presenze fisse di personaggi sono necessari e richiesti proprio per garantire il successo costante della saga, come di fatto è avvenuto