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A DANGEROUS METHOD regia di David Cronenberg

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Invia una mail all'autore del commento LukeMC67     9½ / 10  18/10/2011 08:43:37Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
E' incredibile come le polemiche giornalistiche intorno a questo film ruotassero intorno alla "fondamentale" domanda se fosse un film "cronenberghiano" o meno! Da incondizionato "cronenberghiano" quale sono (come spettatore che ama questo regista fin dai tempi del suo "Stereo", il corto col quale si laureò alla Accademia di Toronto e che lo scoprì adolescente rimanendo folgorato dal profetico "Videodrome") non capisco come ci si possa porre una simile questione vedendo questa magnifica pellicola: è Cronenberg al 100%, anzi, forse al 101%!
Abbandonate le trasformazioni corporee e le loro mutazioni/nemesi, Cronenberg ci propone qui il suo "Crash" delle anime, mettendo in scena gli impatti che tre personalità fortissime (si) provocano nel loro interagire cercando di mutarsi vicendevolmente senza però riuscirci, cosa che li porterà ad allontanarsi in modo inesorabile.
Da "Spider" in poi, Cronenberg si interessa alle mutazioni della mente e dell'anima, e questo è sfuggito a molti (troppi) suoi fans che evidentemente sono rimasti bloccati all'esteriorità barocca delle trasformazioni fisiche che ci venivano "generosamente" mostrate dall'allora giovane regista canadese. Il suo percorso è però quasi da manuale e col tempo non poteva non spostarsi su ciò che di più profondo caratterizza l'essere umano: la sua mente. Manipolando la vicenda del "trio psicanalitico" per eccellenza, Cronenberg è come se si fosse trovato a maneggiare i personaggi-archetipo di tutti gli altri di cui ci ha narrato fin qui. Non so per quale strana ragione, ma questo film mi ha suggerito un immediato parallelo con "Crash", forse il suo film "fisico" più estremo: come in quella pellicola davvero disturbante, anche qui si scava nel rapporto Eros-Thanatos, Eros-creatività. Eros-relazione. Eros-allontanamento (e quindi fine della relazione, cioè Morte). E' un inno alla sperimentazione (dei tre personaggi non è un caso che proprio Jung sarà quello dalla vita più lunga e più "sperimentata", cioè colui che più degli altri avrà saputo porsi dubbi, spingersi più in là rinunciando alla rigidità dell'autorità verso l'autorevolezza della sperimentazione, dell'intuizione, della contraddizione e, in definitiva, del "vivere") anche se la contaminazione sembra latitare, almeno nei suoi aspetti più immediati.
Con una regia che rasenta la perfezione (come non farsi venire alla mente il Polanski di "Carnage"?) e attori totalmente plasmati a essa, il film riesce a toccare le corde dello spettatore "di passaggio" che può assistere a una commedia sofisticata e mai noiosa, così come riesce ad accontentare lo spettatore più smaliziato e conoscitore del suo cinema attraverso i contorcimenti relazionali che si instaurano tra i tre personaggi, tutti resi al meglio dagli attori che li incarnano (chi è il più bravo dei tre? A voi l'ardua sentenza).
Una novità che ho notato nel Cronenberg-seconda fase è l'irruzione del femminile nei suoi personaggi maschili: nel suo cinema giovanile la distanza tra i sessi era evidente e incolmabile, dalla loro interazione nascevano sempre mostruosità (come non leggere "La mosca" come una metafora della degenerazione del rapporto di coppia uomo-donna, per esempio?); in questa pellicola per la prima volta l'unica contaminazione riuscita tra i tre personaggi sta proprio nell'aver assunto quella parte maschile e femminile che ognuno porta con sé, fino a farla creativamente fruttare al massimo nel proprio lavoro-missione della loro vita. Anche da questo aspetto possiamo comprendere tutta la maturità raggiunta dal regista canadese.

Da un punto di vista squisitamente stilistico-formale, semplicemente geniali i giochi di campo-controcampo che Cronenberg ci regala ad ogni passaggio cruciale della storia (magistrale la sequenza della seduta cui viene sottoposta la moglie di Jung: da studiare fotogramma per fotogramma quanto a costruzione della fotografia e del montaggio, in particolare nella sua interazione col sonoro e coi dialoghi): un plauso dunque alla sceneggiatura. Una nota di merito alla ricostruzione scenografica, al trucco e soprattutto ai costumi di Denise Cronenberg, la sorella del regista. Belli anche i titoli di testa che alludono al foglio bianco su cui vergare con l'atto dello scrivere, riferimento alla nota metafora del bambino visto da Freud.

Dopo la visione di questo film, consiglio vivamente di tornarsene a casa, accendere il proprio DVD e di immergersi ne "La mosca", in "Videodrome" e in "Crash": si comprenderà quanto spessore ha questo Maestro del cinema contemporaneo.
atticus  18/10/2011 09:55:06Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Bravo! E' la stessa cosa che ho pensato io in merito alle critiche che il film ha subìto, come possono i veri fan dire che questo non sembra un film di Cronenberg? mistero.
Bellissimo commento che condivido in tutto, per me tra gli attori vince la snobbatissima Knightley che fa un'isterica complessata da capogiro! La sua non è un interpretazione sterilmente eccessiva, ma il perfetto contraltare delle precedenti metamorfosi del regista.
Ciao :)
Invia una mail all'autore del commento LukeMC67  19/10/2011 13:15:38Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Io, francamente, non so proprio chi scegliere: mi sono piaciuti talmente che davvero non saprei dove andare a parare. Ti dò totalmente ragione sulla potenza delle sequenze "isteriche": da persona che ha sofferto per anni di crisi di panico posso dirti che sono state rese dall'attrice con un realismo assoluto.
Invia una mail all'autore del commento LukeMC67  19/10/2011 14:51:50Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
...e dimentico (chiedo immensamente VENIA) il cameo di Cassel... quanto m'è piaciuto il suo anarchico e libertario personaggio!!!
jack_torrence  18/10/2011 15:17:16Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ma che bello!
Ti aggiungi alla (purtroppo poco nutrita) schiera dei fans di questa meravigliosa pellicola, che spero possa essere presto rivalutata per quello che merita di essere considerata: uno dei capolavori di Cronenberg.
Invia una mail all'autore del commento LukeMC67  19/10/2011 13:19:03Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Carissimo Stefano, che bello ritrovarci dopo un lungo periodo buio (per me) che mi ha tenuto lontano dalle amate sale cinematografiche e da questo (altrettanto amato, devo dire) sito... Come sempre MI INCHINO di fronte alla tua recensione (definirlo commento è troppo riduttivo): mi hai fatto rivivere sequenza per sequenza questo bellissimo film squarciandomi molti significati velati che avevo intuito ma non razionalizzato. Ormai non so più cosa dirti per esprimere il mio piacere intellettuale nel leggerti.