caratteri piccoli caratteri medi caratteri grandi Chiudi finestra

TOMBOY (2011) regia di Céline Sciamma

Nascondi tutte le risposte
Visualizza tutte le risposte
kafka62     6½ / 10  10/02/2018 17:59:40Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Esplorare l'universo infantile non è mai facile, richiede una sensibilità che solo pochi grandi registi (penso a Truffaut, a Malle e a Vigo, su tutti) sanno tradurre in grandi film. Francese come i tre numi tutelari sopra citati è anche Céline Sciamma, che con garbo, pudore e sensibilità racconta la storia di Laure, una bambina di dieci anni la quale, di fronte ai ragazzi del quartiere dove si è appena trasferita con la famiglia, si fa passare per un maschio, Michael. L'estrema semplicità del soggetto e lo stile naïf e minimale della regista probabilmente non faranno ricordare Tomboy negli annali del cinema, ma l'opera seconda della Sciamma è ugualmente apprezzabile, perchè affronta il tema dell'identità di genere (un tema molto in voga oggigiorno), spogliandolo di tutte le sovrastrutture sociologiche e psicanalitiche che normalmente lo accompagnano. Laure non si sente "maschio" dentro, è troppo piccola semplicemente per pensarlo, la sua è solo una istintiva e giocosa esplorazione di tutte le possibilità che la sua età, un'età in cui le differenze sessuali sono così incerte e ambigue, le apre davanti, anche se la scoperta del suo inganno protratto troppo a lungo la espone a una situazione imbarazzante, se non addirittura umiliante (la scena nel bosco in cui i bambini la costringono a mostrare loro il suo sesso). Tomboy ci fa capire con grande leggerezza come a dieci anni comportarsi da maschio o da femmina a volte è più una questione di vestiti o di giochi, e che se non fosse per l'intervento subdolamente plasmante degli adulti (cui non è estranea una certa dose, sia pure in buona fede, di violenza: si pensi alla scena in cui la mamma di Laure la obbliga ad indossare un vestito lungo) quella del film sarebbe una situazione molto più normale e diffusa. Si capisce quindi come sotto la levigata e quasi inconsistente semplicità della trama scorra una complessità tematica difficile da afferrare e da far emergere. La Sciamma ci riesce con facilità irrisoria e questa capacità di penetrare nell'intimità della sua giovane protagonista, insieme al talento nella direzione dei tanti piccoli e meravigliosi attori (l'androgina Zoé Héran su tutti, di incredibile spontaneità), la rende una delle più interessanti registe odierne.