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SHAME regia di Steve McQueen

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Crimson     8½ / 10  22/01/2012 21:36:57Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Spoiler presenti.

Sono uscito sconvolto dopo aver visto uno dei migliori film degli ultimi tempi.
Un film che si legge nell'avambraccio di Sissy: prima dell'ultima ferita ancora fresca, balza agli occhi la lunga serie di vecchie cicatrici indelebili, solcate con altrettanto impeto autolesionistico (e non mortale).
Chiudo gli occhi e provo a immaginare l'infanzia di Brandon e Sissy: esseri spaventosi emergono dal buio. Abbiamo, sentiamo sempre il bisogno di fornire una giustificazione a tutto ed identificare il demone; io alla fine l'ho fatto ma non voglio svelarlo, perché ciascuno dovrebbe poter misurarsi col buco nero dei ricordi e della coscienza.
Questo film apre i cassetti della memoria, qualcosa di patologico ti abbraccia dall'inizio.
Non è necessario aver avuto un'infanzia in cui sia avvenuto uno o una serie di avvenimenti tali da indirizzare la propria sessualità in un determinato modo. Il film non fornendo spiegazioni sul passato di Brandon e Sissy riesce a rievocare, a spingere con violenza, quindi persino a forzare nella direzione del ricordo di qualcosa che possa combaciare. Il risultato dell'esercizio può anche appartenere ad una dimensione artefatta, non importa, perché l'introspezione è autentica. E' un film autentico. Indica chiaramente che qualcosa è accaduto nell'infanzia dei protagonisti (forse proprio nei primi dieci anni di vita per Brandon e relativi sette-otto per Sissy, in Irlanda?).
La mancanza di cause oltre a indirizzarci verso una visione interiore ci sprona a concentrarci sul presente dei protagonisti. Riguardo questo secondo livello su cui si impernia la visione, mi viene spontaneo non aspettarmi nessun tipo di evoluzione. Non c'è un punto di arrivo perché la progressione del personaggio non è una scala ma un circolo, o forse sarebbe meglio dire una spirale. Ma il circolo forse rende maggiormente l'idea della ripetitività fine a se stessa.
Ciò nondimeno avviene per Sissy, malgrado i due fratelli manifestino, tra le loro peculiarità comuni, aspetti caratteriali/vissuti/espressione corporea del disagio/approccio esistenziale differenti.
Dico a me stesso che se non c'è una fine (e l'ultima sequenza del film, con lo "sguardo circolare" di Fassbender, è emblematica in tal senso), è opportuno intercettare i momenti-chiave in cui i due personaggi intendono interrompere la ripetitività che generalmente convoglia la curva della circolarità della loro esistenza: per Brandon è rappresentato dall'essersi messo alla prova gettando tutto il materiale pornografico, dopo la cena al ristorante con la sua collega di colore. Il fallimento nel "nuovo" approccio sessuale lo riconduce in quella spirale ossessiva da cui è impossibile fuoriuscire. Eventi hanno segnato un solco profondo, hanno mutato un'esistenza e i relativi fantasmi lo rincorreranno per sempre. Dinanzi a lui sembra apparire il cartello "questa non è l'uscita" (mi sovviene Easton Ellis).
Per Sissy il tentativo più fragile e solo apparentemente deciso è il taglio delle vene dell'avambraccio (ma lo spirito è autolesionistico, anche se stavolta sembra davvero aver reciso più a fondo).
Pertanto la chiave non è da ricercare nel contesto; non c'è nessun tipo di indagine sociologica esibita. Tutto è sul corpo di Brandon. Fin dall'inizio lo seguiamo passo per passo, persino in bagno. Viviamo sulla sua fisicità. Sissy sembra il suo specchio. Un elemento comune ha deciso la loro esistenza, specularmente, in una direzione del tutto simile.
E' vero, il film sfiora in alcuni frangenti la pornografia, ma al posto dell'eccesso denunciato da molti ho trovato molta pertinenza, anche psicanalitica, come nella sequenza dell'incontro omosessuale.
Quanta compassione desta questo personaggio principale, ma quanta dolcezza suscita Sissy. A tutti gli effetti sembra solo lei la sola detentrice del significato di quella (e sottolineo la parola "quella") interpretazione distorta del ritmo delle parole di 'New York, New York': "I wanna wake up in the city, that doesn't sleep, to find I'm king of the hill, top of the heap. My little town blues are melting away, I'll make a brand new start of it, in old New York. If I can make it there, I'd make it anywhere".
oh dae-soo  24/01/2012 12:44:36Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Meraviglioso Crimson. Anch'io credevo che il non detto, il pregresso, fossero una componente importante del film, ma a livello molto superficiale, semplice causa ignota di quello che sono adesso i due. Credevo che fosse soltanto un altro "artificio" di McQueen, il creare un mistero la cui importanza non ci è dato sapere.
Invece leggendo il tuo commento è molto probabile che questo vissuto sia assoluto protagonista, motore di tutto, sia a livello narrativo che stilistico (ad esempio, come chiosi te, nella scena della canzone intera).
Quasi come se il film, la sceneggiature parta in modo imprescindibile da lì. Insomma, un film che mostra il poi cercando di mostrarci sottotraccia il prima.
Ancora complimenti.
Crimson  24/01/2012 17:21:02Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Grazie!
Ognuno è libero di domandarsi "perchè" in base a come vede le cose. Conta solo questo. Non sono affine a Brandon e Sissy ma mi sento vicino a loro, non so spiegarti il motivo preciso perchè non esiste. C'è una familiarità nella diversità. La solitudine di questi due personaggi è autentica, e se il film ti comunica ciò, allora ha raggiunto il proprio scopo. Per "solitudine autentica" intendo una solitudine che non è maschera ma condizione a cui non si può sfuggire, che è talmente radicata nel concetto stesso di "diversità" da farti identificare nel problema stesso e non considerarlo una malattia. C'è una sorta di universalità che è stata destata, almeno per quel che mi riguarda. Quello sguardo che i fratelli si lanciano durante le parole false di New York New York (non saranno mai kings of the hill, ne tantomeno a proprio agio in quella città che non dorme mai) ha qualcosa che appartiene a tutti coloro che vivono un disagio e lo condividono.
Ciao e grazie ancora, aspetto e leggerò sicuramente il tuo commento.
oh dae-soo  24/01/2012 19:10:59Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
No no, il mio commento c'è già stato da parecchio tempo. Non c'è bisogno che tu lo legga, stranamente sono stato molto freddo e superficiale (non voglio dire che solitamente non sia così, ma è una mia sensazione,ognuno è il miglior giudice di sè stesso ), sono pentito di come l'ho impostato. Poi nei commenti mi sono spiegato un tantino meglio ma avrei voluto scrivere una recensione simile alla tua, non tanto nella forma quanto nella sostanza.
In effetti quella lacrima di Fassbender a New York New York non può non essere fulcro dell'intero film. Com'era la canzone? "Siamo nella stessa lacrima", ecco, senz'altro per i due fratelli deve essere così.
Crimson  25/01/2012 19:43:17Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Il rammarico per un commento che non ti soddisfa non sarà nulla rispetto al piacere di riscrivere a distanza di tempo (anni?) un nuovo giudizio sul film.

Tornando a Shame un altro aspetto che mi induce ad amarlo è l'impossibilità di condanna. Una persona che non riesci a condannare non ha nessun motivo per provare vergogna, quantomeno ai tuoi occhi.
Crimson  24/01/2012 17:22:43Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
intendo che non sono "affine" a loro nel senso che "tecnicamente" il loro disagio non è mio.