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I COMPARI regia di Robert Altman

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amterme63     7 / 10  09/10/2009 23:19:12Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Fra i rivolgimenti avvenuti negli anni a cavallo fra 60-70, ce ne fu uno che riguardò gli stili e i generi cinematografici del cinema americano. I vecchi modelli erano considerati sorpassati e i registi si sentivano adesso liberi, anzi in dovere, di inventare nuovi modelli, rovesciando stereotipi, utilizzando nuove tecniche, aggiornando i contenuti. Non sempre i risultati sono stati però all’altezza e spesso i film “nuovo stile” erano assai inferiori (nella resa emotiva e tecnica) rispetto ai vecchi classici.
Uno dei “revisori” del genere western fu Altman. Con questo film cercò di adattare il genere al realismo e alla verità, facendo a meno dei miti, delle forme visuali e delle categorie etiche e sociali usate fino ad allora. Lo si vede fin dai primi fotogrammi. C’è un paesaggio cupo, invernale, per nulla affascinante (si smitizza la grandezza del paesaggio). Si ha a che fare poi con gente di bassa lega, mediocre se non meschina, per lo più viziosa (niente a che vedere con i vecchi coloni, rozzi sì ma attaccati ai valori di lavoro e famiglia).
L’eroe (un Warren Beatty senza infamia né lode) poi è uno sbruffoncello volgarotto, anche lui mediocre e poco intelligente, attaccato al piccolo guadagno (apre un bordello, cosa inaudita in un film americano solo qualche anno prima). Tutto si tratta fuorché di un pistolero tradizionale.
L’unico personaggio “con le palle” è una donna (la brava Julie Christie), dello stesso stampo della mitica Vienna di Johnny Guitar; solo che fa la prostituta e non si perita della natura morale di quello che fa, anzi, il mondo delle prostitute è quello fatto apparire in migliore luce nel film.
Il film si trascina quindi per tre quarti senza colpi di scena, in una cronaca quasi prosaica della costruzione e del funzionamento del salone-bordello. E’ un misto di finzione filmica e tentativo di riproduzione senza filtri del reale. All’improvviso poi la situazione si vivacizza con l’intervento dei “cattivi”, che stavolta hanno il volto delle grandi compagnie commerciali, il grosso capitale, il quale non esita a ricorrere a qualsiasi mezzo pur di raggiungere i propri fini.
L’ultima parte ricalca così lo scontro fra il protagonisti e i pistoleri, descritti però in maniera un po’ smitizzante (rozzi, brutali) e prosaica. In questa parte si crea tensione nello spettatore e in qualche modo l’eroe viene fatto riscattare mostrando il suo animo sentimentale e un inaspettato coraggio. Il finale però non è lieto, anzi molto malinconico e fatalista. Il cinema non era più ormai un facile dispensatore di illusioni e speranze, ma uno specchio delle difficoltà e degli scacchi del reale.
Oltre ai vuoti narrativi e alla lentezza, il film soffre di uno scarso approfondimento dei caratteri principali, di cui sfuggono le ragioni e la genesi dei sentimenti.
Di positivo c’è invece la tecnica filmica con diversi esperimenti o “sporcizie”, come le riprese in luoghi bui o controsole, che danno la sensazione di presa diretta. Belle e suggestive le riprese con la neve. Il film non è un gran ché ma Altman dimostra veramente grande bravura.