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FUGA DI MEZZANOTTE regia di Alan Parker

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Invia una mail all'autore del commento cayonet     9 / 10  06/11/2005 09:45:39Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Un grande Alan Parker, sulla sceneggiatura di Oliver Stone (sempre grandioso quando si tratta di raaccontare con immagini il vissuto dell'america degli anni '70 / '80), dirige eccellentemente questo incubo ispirato piuttosto fedelmente alla storia vissuta (e da lui stesso racontata in un libro) di Billy Hayes.
Dopo la tensione iniziale trasmessa ottimamente attraverso sequenze ed inquadrature molto efficaci si viene trasportati nell'incubo in cui si trova catapultato il protagonista a seguito di una grossolana sciocchezza. I colori, le ambientazioni e la musica (spettacolare Moroder) ci coinvolgono vorticosamente. Più la vicenda continua e più veniamo sopraffatti da una rabbia crescente verso un 'sistema' dove gli abominevoli soprusi fisici e psicologici a cui il protagonista e tutti i detenuti sono sottoposti ci lasciano in una frustrante condizione di impotenza e di impossibilità ad ipotizzare, subconsciamente, alcun tipo di reazione.
Ottima recitazione di tutto il casting, sopra le righe, a mio parere, Davis e Hurt che, vuoi per la somiglianza degli eventi, mi hanno molto ricordato gli McQueen e Hoffman di Papillon.
Pellicola di esplicita dura condanna al 'medio-oriente occidentalizzante' dove le garanzie costituzionali, punto cardine e fondamentale dell'ideale Americano, vengono sistematicamente calpestate a fronte di una vita 'democratica' caratterizzata dall'ordinarietà di quelli che per l'America borghese vengon considerati 'eccessi' (droga, in particolare).
Più celata, ma presente, anche la condanna proprio all'America imperialista. Significativa la sequenza in cui il padre di Hayes, salutando al primo incontro in carcere il figlio, si rivolge al capo dei secondini con una frase che suona vagamente: '...trattamelo bene mio figlio!, sporco turco di merd....'.
Quelle poche rabbiose parole, in quel contesto, sono la sintesi dell'imperialismo americano insito nell'educazione di ogni cittadino di media cultura. In quel contesto, infatti, pur poco sapendo della vicenda e comunque conoscendo la colpevolezza del figlio, il padre (americano borghese che 'ha lavorato una vita x ritrovarsi il figlio in carcere in Turchia..') scarica rabbiosamente improperi al sistema (di una nazione mirino di 'neo-colonizzazione') già presupponendo che lo stesso fosse iniquo o comunque non alla stregua di quello 'giusto ed imparziale' della propria patria.
In questo scontro fra civiltà, più che mai attuale, il povero giovane Bill, si viene a trovare braccato e schiacciato. La tensione nei rapporti diplomatici di quegli anni e la necessità sentita dal governo di Ankara di assumersi agli occhi del mondo a 'paladino' nella lotta alla diffusione della droga (e si parla di hashish...) coinvolgono Hayes in una spirale di eventi in cui l'unica via d'uscita per la sua salvezza rimane il 'rapido di mezzanotte' (midnight express, così, nel carcere, veniva sinteticamente e simbolicamente chiamata la fuga).
BELLISSIMO!