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ARRIVEDERCI RAGAZZI regia di Louis Malle

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kafka62     8 / 10  27/02/2018 14:14:04Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Con "Arrivederci ragazzi" Malle ritrova i motivi ispiratori e la leggerezza di stile che avevano contraddistinto il giustamente celebre "Soffio al cuore". Non tragga in inganno il fatto che il primo si presenta come un doloroso ed accorato apologo contro la barbarie nazista, mentre il film del 1971, all'opposto, è la storia ottimistica e sproblematizzata (almeno in superficie) di un'educazione sentimentale. Entrambi infatti, prima ancora di essere dei film sulla guerra o sull'incesto, sono soprattutto la cronaca di un apprendistato alla maturità, che permette al regista di rivisitare, con un piglio insieme aristocratico e popolare (alla Jean Vigo, tanto per intenderci), un'età irripetibile dell'esistenza. Il mondo degli adolescenti (del Laurent di "Soffio al cuore" come dei Julien e Jean di "Arrivederci ragazzi") è visto con uno sguardo affettuoso e solidale, complice e spigliato, senza intendimenti pedagogici o sdolcinature di sorta (tanto è vero che Malle, insieme alla descrizione dei giochi e dei passatempi del collegio, non ci risparmia nessuna delle piccole crudeltà e delle puerili millanterie dei giovani protagonisti). Il referente d'obbligo è, ovviamente, "I quattrocento colpi" di François Truffaut: ad Antoine Doinel rimandano, nonostante la diversa estrazione sociale, diversi caratteri del personaggio di Julien, dall'acerbo e istintivo ribellismo al rapporto (o meglio alla mancanza di rapporto) con i genitori, fino ad arrivare a quella sorta di affinità elettiva che è il comune amore per i libri.
La struttura narrativa e formale di "Arrivederci ragazzi" è estremamente classica e lineare, priva di autentiche invenzioni sintattiche o stilistiche e lontana dalle esperienze nouvellevaguiste che avevano caratterizzato gli esordi del regista. In alcuni casi, addirittura, Malle adotta, sia pure in maniera molto equilibrata, le convenzioni più abusate del cinema civile a tesi: mentre da una parte dà l'impressione di rappresentare una successione indifferenziata e casuale di momenti di vita "qualunque", dall'altra infatti pilota la vicenda verso il suo prevedibile sbocco narrativo, quello della persecuzione degli ebrei ad opera dei nazisti, preordinando ad esso tutto il resto. Così, quando i ragazzi si recano nelle docce comuni, ecco un ebreo con la stella gialla al petto uscire dall'edificio e calamitare i commenti dei presenti; e durante il pranzo del protagonista con la madre al ristorante, un manipolo di miliziani di Petain intima a un anziano e distinto cliente giudaico di lasciare la sala, essendo il locale riservato alle sole persone di razza ariana; e ancora i discorsi, le curiosità del ragazzo (sulla "diversità" degli ebrei, sul perché essi non mangino carne di maiale, e così via), perfino le battute ("Sei proprio un ebreo!", dice Joseph a Julien per rinfacciargli la sua spilorceria) si concentrano sulla specifica tematica. Si può però perdonare volentieri a Malle questo "tradimento", perché tutto sommato i momenti migliori del film sono altri, cioè quegli episodi non strettamente necessari all'evolversi meccanicistico dell'intreccio e capaci di esaurire in se stessi la loro carica emozionale (ad esempio, la scena spensierata in cui Jean e Julien suonano a quattro mani un boogie-woogie durante un bombardamento; la meravigliosa sequenza notturna nel bosco, piena di infantili trasalimenti e di arcane paure; le scene nel dormitorio comune, così realistiche e al tempo stesso così rarefatte che non ci stupiremmo di vedere passare davanti ai nostri occhi il piccolo sonnambulo di "Zero de conduite"; e infine la proiezione alla scolaresca di "Charlot emigrante", che suscita, accanto alle risate e alla simpatia per l'omino con la bombetta, anche un sentimento di pietà per quegli emigranti ammucchiati come bestie prima dello sbarco, quasi una sorta di premonizione di quanto avverrà di lì a poco con le deportazioni nei lager).
Quando giunge alla fatidica sequenza della retata dei nazisti nel collegio, il film muta improvvisamente rotta e precipita con fatalistica inesorabilità verso una tragedia più volte annunciata e altrettante volte elusa. In questa circostanza Malle si rivela bravissimo nel padroneggiare la commozione (l'addio tra i due amici dura un brevissimo istante, prima che Jean venga letteralmente trascinato via di scena da un soldato tedesco) e nel bandire rigorosamente ogni tentazione manichea (Joseph, il personaggio in apparenza più spregevole, diventa collaborazionista quasi per caso e contro la sua volontà, un po' come il Lacombe Lucien di un altro suo bel film). I risultati, grazie alla raffinatissima sensibilità del regista, sono molto alti e "Arrivederci ragazzi" può essere definito un piccolo classico destinato a durare nel tempo.