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CANNIBAL HOLOCAUST regia di Ruggero Deodato

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Ciumi     7 / 10  04/04/2011 17:32:15Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Rimane irrisolta, e probabilmente irrisolvibile, la questione su quanto un film come questo possa essere spinto da una pulsione sadica da parte di chi lo idea e realizza. O se prevalga il desiderio di sconcertare a quello di esprimersi. Rimane il sospetto, impresso quanto le violenze e le scene che intendono ripugnare - forse troppo insistite?
E se così fosse, se tale pulsione fosse effettiva, il film può valere anche come auto-denuncia? Oppure, basta la compassione della musica che intervene a coprire d'un velo le atrocità, a fugare questi dubbi? Io regista, non provo la stessa curiosità di fronte a ciò che so essere ingenito alla mia stessa razza e al luogo, qualsiasi della terra esso sia, dove vivo? Tu, spettatore, non provi altrettanto?

Quanto al film, la critica alla modernità, ai mass-media in particolare, e al mestiere stesso del fare cinema, è molto chiara, in verità quasi schematica durante i dialoghi nella metropoli, dove Deodato sembra fin troppo spiegarsi (o giustificarsi), e forse più alla censura che non allo spettatore. L' "Olocausto" del titolo fa sicuramente riferimento all'eccitata aggressione attuata dai reporter "civili" nei confronti dei selvaggi. Mentre il "Cannibale"? Fa riferimento al progresso? Al primitivo? Non all'uno o all'altro: a entrambi.

Il film, se non confrontabile a mio parere per sensibilità artistica, è possibile che debba qualcosa ad "Aguirre" di Herzog (come a loro volta devono molto a "C.H." certe pellicole successive, soprattutto penso a "Il cameraman e l'assassino"): ma qui il raffronto non è mai tra uomo e natura, né tra l'uomo ambizioso e i propri limiti: è qui tra uomo e uomo, etnia ed etnia, incontro di barbarie che, a conti fatti, l'uomo moderno vince ai punti.
La brutalità, che le immagini delle violenze sugli animali amplificano al mondo naturale, o che quelle delle fucilazioni riportano alla Storia umana, è da sempre compagna dell'uomo: egli pure la ripugna, come succede al primo protagonista, prova a sopraffarla, ma non vi riesce mai del tutto; anzi a essa ha aggiunto il sadismo, il piacere di guardare.

Riesce al film l'atmosfera angosciante. Riesce, soprattutto, l'espediente della seconda pellicola, in 16 mm, antecedente alla prima. Un espediente che può essere paragonato in qualche modo all'ultime sequenze di "Salò" (là era un binocolo); tale da definire una nuova distanza, e allo stesso tempo come un'altra dimensione più straniante ma non meno realistica; tale che pare di spiare, da uno squarcio nella coscienza e nella natura, sin dove può spingersi l'atavica ferocia dell'uomo bestiale.
KOMMANDOARDITI  14/04/2011 23:18:41Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ho letto il tuo interessante commento e da par mio posso confermarti che in quello che ha girato Deodato c'è sicuramente una fortissima componente vouyeristica e contraddittoria (mostrare e calcare la mano sulle violenze per poi condannarle in maniera moralistica e lapidaria) però è proprio questo scontro di intenzioni che rende questo film un caso a se stante.
Per comprendere la genesi e l'accoglienza di un film come questo bisognerebbe capire da dove innanzitutto proviene Deodato, ossia la scuola di Jacopetti (ne era stato da giovane un collaboratore), colui che in pratica ha creato dal nulla il genere Mondo. Stiamo parlando di pellicole "documentarie" realizzate negli anni '60 (ma anche successivamente) che mostravano, ad un pubblico totalmente vergine agli shock, tutte le usanze più strane e primitive in giro per il mondo; il commento off che accompagnava le immagini ( a volte crude, a volte grottesche, a volte comiche, a volte sexy) era volutamente cinico, canzonatorio, denigratorio e supponente e tendeva a gettare sul ridere qualsiasi stranezza o mostruosità filmata. E il tappeto musicale che sottolineava le sequenze più violente e spietate (morti, fucilazioni, riti tribali estremi, etc.) era sempre delicato, suadente, armonioso, in fortissimo contrasto col tenore dei momenti mostrati.
Se consideri un po' con quale impatto la gente si vedeva proporre su schermo, per la primissima volta, queste usanze inconcepibili e orripilanti per un occidentale, capirai benissimo come, per forza di cose, le descrizioni dello speaker e le musiche dovevano in qualche modo tentare di stemperare la pesantezza efferata delle immagini.

Inutile dirti che il compositore musicale più celebre, ineguagliato ed affezionato al filone era proprio Riz Ortolani, lo stesso di CANNIBAL HOLOCAUST. Ecco perchè il saggio Ruggero se lo portò appresso nella sua travagliata avventura in mezzo alla giungla sudamericana (la storia completa di questa dura esperienza è tutta nel documentario contenuto nel dvd originale italiano).
Da quello che ho potuto intendere nella mia esperienza, non ritengo che lo score di Ortolani sia stato utilizzato in CH con finalità "edulcoranti" o "ammorbidenti": il pubblico di fine anni '70 ne aveva già viste di cotte e di crude sugli schermi, vuoi per i reportage dal Vietnam, vuoi per l'esplosione del fenomeno della gore-sploitation e degli horror rurali ultra-realistici (NON APRITE QUELLA PORTA, LE COLLINE HANNO GLI OCCHI, L'ULTIMA CASA A SINISTRA, etc.)
Secondo me nella scelta della soundtrack ha contato moltissimo la volontà di provocare, o meglio quella di esaltare ulteriormente il sadismo dei passaggi più forti, un po' come era avvenuto in NON SI SEVIZIA UN PAPERINO durante la scena del massacro della Bolkan, col sottofondo toccante della canzone della Vanoni.
Di questo ne sono molto convinto.

Comunque son felice che il film ti abbia spinto a riflessioni anche profonde e complesse, cosa che la maggior parte del pubblico superficialmente non fa (parlo sia dei frettolosi detrattori animalisti, sia degli altrettanto infantili patiti dello scempio fine a se stesso).

Per rispondere infine al quesito sul livello del resto filmografia di Deodato, devo purtroppo dirti che CH resta il suo prodotto migliore: in seguito non si è più "applicato" con la medesima volontà a quello che girava (non sono in pochi difatti quelli che lo indicavano come una persona capace ed in gamba ma molto svogliata e pigra).
Un paio di altre sue opere interessanti possono essere INFERNO IN DIRETTA (in cui riprende il binomio efferatezze/mass-media) e UN DELITTO POCO COMUNE (nel quale affronta in chiave thriller/splatter un argomento delicato come la Progeria, quella rara malattia che causa invecchiamento precoce).

Ci si sente!

P.S.: IL CAMERAMAN E L'ASSASSINO è da sempre stata una delle mie visioni preferite ;-)
Ciumi  18/04/2011 10:02:21Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Mìnchia che risposta!

Grazie della spiegazione, anche perché davvero di Deodato e del Cinema Mondo non ne sapevo niente. Dunque C H sarebbe più specificamente una critica a questo genere…
Sul discorso voyeurismo ovviamente rimangono delle perplessità, mi chiedo ad esempio se non sia migliore l’approccio de “Il cameraman e l’assassino”, che evita morali o di dissociarsi da ciò che filma. Dici che l’intento della musica era quello di esaltare, in maniera provocatoria, le immagini più forti? Però sinceramente a me ha dato tutta un’altra impressione, la musica sembra intervenire quasi per compassione, proprio per stemperare, anche se la stessa è montata pure nella scena erotica nel fiume, assumendo così, a seconda, una diversa funzione…
KOMMANDOARDITI  18/04/2011 19:27:39Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Hia colto benissimo: una critica ai Mondo, che poi si è rivelata anche premonitrice (inconsapevole?) delle derive spettacolari in cui è precipitato l'odierno universo massmediatico (e non dimentichiamoci che il discorso che fa Deodato non era all'epoca scontatissimo come lo riteniamo adesso).