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PERSONA regia di Ingmar Bergman

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Ciumi     9½ / 10  05/03/2012 20:11:56Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Il rapporto tra le due donne (pansessuale, simbiotico, morboso) è come se riflettesse i conflitti stessi del cinema di Bergman. Da una parte c'è l'ansia del comunicare (un'infermiera inesperta) dall'altra l'ostinazione al silenzio (un'attrice che ha smesso di proposito di parlare). Ma la seconda domina la prima, così come in "Persona" l'immagine prevale sulla parola, o nello stesso modo in cui l'amore dell'infermiera è attratto verso la bellezza senza voce della sua paziente e ne diventa preda. I discorsi si perdono nel flusso delle atmosfere astratte e delle sovrapposizioni sensuali dei volti, intanto che le coscienze delle protagoniste insistono con lo scavarsi a vicenda nel fondo dei loro drammi interiori.

Il Bergman vampiresco si affaccia dallo sguardo di Elisabeth che invita le confessioni di Alma, un fondersi quasi sadico delle diverse nevrosi, due idiomi incomunicanti che danno origine a quello inintelligibile di una malattia comune, perversa nel suo desiderio d'isolarsi a indagare se stessa. Il passato non è più né conforto né mero rimorso (un posto delle fragole) ma origine di traumi inguaribili; all'angoscia della morte si aggiunge ora quella del concepimento; l'arte stessa rinuncia a esprimere significati, pervenendo così a un inedito surrealismo e al metacinema. Nel suo febbrile intento di guarire e penetrare la parola si è trasformata in uno strumento di reciproca tortura.

Le immagini della guerra e il rogo del bonzo (la pellicola stessa che brucia) si offrono da sfondo al pessimismo esistenziale. Lo scenario della spiaggia si presenta invece come vuota metafora: un eterno confine senza orizzonte, il luogo in cui il viaggio simbolico del regista è approdato.

L'isola bergmaniana si è già ridotta a due entità che si annientano in una.