caratteri piccoli caratteri medi caratteri grandi Chiudi finestra

LA CROCE DI FERRO regia di Sam Peckinpah

Nascondi tutte le risposte
Visualizza tutte le risposte
Thorondir     6½ / 10  09/05/2023 12:38:24Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Il film di Peckinpah è un chiarissimo manifesto antimilitarista: la guerra fa schifo, in guerra muoiono tutti, compresi donne e bambini, gli uomini regrediscono all'animalità e per di più vengono fuori gli egoismi della sopravvivenza e quelli della carriera. Un approccio politico non originale ma certo condivisibile politicamente. Eppure durante la visione si ha costentemente la sensazione di un film che pur ambientato in Urss durante l'invasione nazista sembra raccontare guerre americane (toni e colori sembrano più quelli del Vietnam da cui gli Usa erano appena usciti sconfitti): nei modi di fare e di pensare i personaggi di Peckinpah non sono nazisti e non combattono quella che fu la guerra dei nazisti ad est, cioè guerra di sterminio. Vero, come detto, che il film di Peckinpah vuole palesemente universalizzare l'antimilitarismo, vero che il focus è più sugli uomini e i loro atti di coraggio che non sull'analisi politica, ma così facendo il rischio di banalizzare la guerra nazista è dietro l'angolo, utilizzandola semplicemente come ricettacolo del male puro per poi però darne un quadro diverso dalla realtà (si veda per comprendere cosa farà un russo come Klimov nel capolavoro "Va' e vedi"). E che l'intento di Peckinpah sia quello di parlare di questa guerra per dire dello schifo della guerra tout court ce lo dicono anche le fotografie finali, che non si limitano alla guerra nazista contro l'Urss. Dove il film funziona decisamente meglio, toccando forse il vertice del "lirismo della violenza" del cinema peckinpaniano è nelle scene delle battaglie, in una violenza che è la più realistica mai vista nel cinema del nostro, in sequenze di esplosioni e carri armati che sono più realistiche e appaganti per l'occhio di molti film di guerra contemporanei.